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Lo schiaffo delle Regioni: niente taglio ai consiglieri

Dribblano la manovra d'agosto: soltanto Veneto e Toscana applicano sforbiciata. Tutte immobili su stipendi e assessori

Andrea Tempestini
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Uno scoglio inscalfibile: i privilegi delle Regioni, che restano immobili rispetto al piano di tagli dei costi della politica. Il decreto legge 138/2011, la manovra agostana del governo Berlusconi, metteva infatti nel mirino cinque voci di costo relative alle Regioni: il numero di consiglieri e assessori, le buste paga dei consiglieri, le sanzioni per i politici assenteisti, il sistema previdenziale. Dal varo di quella manovra sono ormai passati sei mesi, e soltanto su due voci è stato fatto qualcosa. Per quel che riguarda le sanzioni (il decreto lasciava mano libera alle Regioni) basta anche una minima sottrazione a qualsiasi voce in busta paga per essere in regola: fin troppo facile. C'è poi il fronte delle pensioni: tutte le amministrazioni locali, incalzate dalle polemiche degli ultimi mesi, hanno abolito i vitalizi; la manovra prevede però anche il passaggio al sistema contributivo, passaggio che però la grande maggioranza delle Regioni deve portare a termine (anche in questo caso, insomma, un passo in avanti a metà). Nessun taglio - Su tutto il resto si registra uno stallo pressochè totale. Per prima cosa gli stipendi, che di fatto non sono stati toccati. Poi il capitolo più fastidioso, quello di consiglieri e assessori: la manovra del governo Berlusconi stabiliva che la composizione delle assemblee fosse ridimensionata a partire dalla porssima legislatura, in base alla popolazione. Ma a parte due nobili eccezioni - Lombardia ed Emilia Romagna, che erano già in  regola - le altre regioni non hanno sforbiciato la dimensione dei consiglio (ad aver rispettato i tempi solo Toscana e Veneto, che hanno deliberato una potatura in linea con i parametri fissati dal precedente esecutivo. C'è poi il caso Calabria, a metà del guado: il taglio è atteso per la settimana appena iniziata. Ma la maggior parte delle amministrazioni non si sono mosse di un passo, e hanno anche sollevato la questione di costituzionalità, ipotizzando che la norma invadesse competenze esclusive delle Regioni e aspettano il responso dei giudici. Altre Regioni hanno invece ipotizzato tagli inferiori a quelli richiesti (per esempio Sicilia e Friulio Venezia Giulia). Gli assessori - Il taglio degli assessori avrebbe dovuto immediatamente seguire quello dei consiglieri. Il decreto, infatti, stabiliva che tra i componenti della giunta e del consiglio deve esserci un rapporto massimo di uno a cinque: in cifre, per un'assemblea composta da 50 membri il governo locale non può superare le dieci unità. Anche in questo caso, nella stragrande maggioranza dei casi, le Regioni sono rimaste immobili. Bollino nero anche per l'Emilia Romagna, virtuosa per i consiglieri ma non sugli assessori: si ritrova infatti con un surplus di due unità, dodici al posto dei dieci massimi previsti.

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