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Son tutte tasse. I tagli? Zero Ecco dove si può sforbiciare

Monti, no rimedi alla spesa pubblica, che sale di 142 mld in 10 anni. Province e il pubblico impiego: gli interventi necessari

Giulio Bucchi
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Un po' di numeri per capire quanto una delle malattie croniche dell'Italia, il parassitismo della macchina-Stato, stia diventando incurabile. Tra 2001 e 2011 la spesa corrente secondo la Cgia di Mestre è cresciuta di 142 miliardi di euro: ogni anno, le casse statali perdono 800 miliardi. Nello stesso periodo, la ricchezza procapite dei cittadini è calata del 5%, mentre le uscite correnti sono aumentate dal 37,6% al 43,2%. Fino al 51,9% considerato il debito pubblico. I costi della "amministrazione generale" rappresentano il 18,4% delle uscite totali, 40 miliardi di euro l'anno in più rispetto a quanto spende, per esempio, la Germania. Alle imprese private e pubbliche vanno sussidi per 44 miliardi. Basterebbero queste cifre per capire quale sia la priorità di ogni governo che s'insedia in questa fase storica. A maggior ragione se il governo è tecnico, non ha vincoli elettorale ed è chiamato per somministrare una medicina amara al malato grave. Che è la macchina-Stato. Ma che per Mario Monti e i suoi professori, ministro della Funzione sembra essere l'italiano, inteso come contribuente. Zero tagli, tutte tasse - Di tagli alla spesa pubblica, infatti, in questa manciata di mesi non c'è stata traccia. Tante parole, pochissimi fatti. Sergio Rizzo sul Corriere della Sera passa in rassegna l'impressionante serie di misure fiscali che porteranno la pressione fiscale oltre la soglia del 45% (quella reale schizza ben oltre il 50%) a fronte appunto di una spesa pubblica "inefficiente e parassitaria" e di servizi scadenti. Solo danesi, belgi e svedesi in Europa pagano più di noi, ma con un welfare di serie A. Il capitolo tasse è spietato: inasprimento delle aliquote Irpef, addizionali locali, imposta sugli immobili, rincaro delle accise sulla benzina, aumento dell'Iva (in attesa di quello del prossimo autunno, al 23%). E i tagli? Regioni e province salve - Si poteva cominciare dagli enti locali. Le Regioni spendono 200 miliardi all'anno, con differenze abissali da Nord a Sud. Un siciliano spende 353 euro per mantenere i suoi dipendenti, un lombardo 21 euro, un molisano 173. Se tutta l'Italia si adeguasse al parametro della Lombardia, si risparmierebbero per i dipendenti 600 milioni di euro l'anno. Idem per i consigli regionali: 1,2 miliardi. Il peggio il governo tecnico l'ha raggiunto sulle province, che dovevano essere svuotate di funzioni grazie al decreto salva-Italia ma che poi sono state salvate in corner (rimandando la questione abolizione a una futura legge): costano 15 miliardi di euro l'anno con 4.200 amministratori e 50mila dipendenti. Dipendenti pubblici - Il guaio è che il costo dei 3,5 milioni di dipendenti pubblici, anzichè ridursi, aumenta. Fra 2003 e 2008 la spesa per le retribuzioni lorde è lievitata del 40%, al doppio dell'inflazione. La paga media procapite è salita del 36,4% (il triplo degli stipendi privati), ed è salito pure il numero degli assunti, nonostante il blocco del turnover e l'informatizzazione. Ecco l'ultima nota dolente: l'informatizzazione e la razionalizzazione degli uffici pubblici. Come scritto da Maurizio Belpietro su Libero di domenica 25 marzo, migliorando la gestione di anagrafe, sistema unico contabile, centri di calcolo e Portale Unico si risparmierebbero 10 miliardi di euro. Noccioline per chi può comodamente decidere di aumentare le tasse.  

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