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Paolo Conte alla Scala, l'appello vip: "Dica no, schiaffo alla storia"

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Appello a Paolo Conte, firmato da un suo grande fan: il Maestro non deve cantare alla Scala di Milano. Per la precisione: non deve "profanare" il teatro simbolo della musica classica e lirica nel mondo con il suo cantautorato screziato di jazz. Parola di Piero Maranghi, che verga sul Foglio una accorata lettera indirizzata all'autore di Azzurro, Max Gelato al limon.

"Caro Paolo Conte, Lei è il mio cantautore preferito, l’ho ascoltata innumerevoli volte dal vivo, da Bari a Parigi, da Torino ad Amsterdam - si legge -. Le Sue stanzette umide, i Suoi piedi un po’ prensili, i Suoi sguardi dei francesi popolano il mio cuore e la mia mente da sempre e ora animano le fantasie dei miei quattro figli, dai venti ai nove anni, cui ho trasmesso l’amore per l’universo contiano, per l’eleganza delle zebre e le frittelle con il vino". Ma c'è un però, aggiunge Maranghi: "Vivo a Milano, la mia vita professionale è nella musica, io sono nella musica. Sono l’editore del canale Classica HD su Sky e Lei mi ha onorato più volte dicendo pubblicamente di sbirciarla ogni tanto; faccio, con Paolo Gavazzeni, il regista di opere liriche; produco documentari e libri sul teatro musicale e cartoon per i ragazzi, la serie più importante, 52 episodi con l’avatar di Daniel Barenboim, è distribuita in tutto il mondo". Insomma, "il Teatro alla Scala è la mia casa, un luogo dove, nella mia vita, ho fatto tutto, davvero tutto. Ma il 19 febbraio non verrò a sentirLa. Mi rivolgo a Paolo Conte e non alla dirigenza del Teatro per una ragione molto semplice, loro non hanno gli strumenti per comprendere, Lei certamente sì".

Il suo imminente concerto, sottolinea Maranghi, rappresenta "uno schiaffo alla storia della Scala; costituisce un precedente assai pericoloso; non dà nulla al Teatro da cui invece riceve moltissimo; è culturalmente un concerto ‘antipatico ed elitario’". C'è un precedente pesante: "Durante la direzione di Antonio Ghiringhelli, storico sovrintendente del dopoguerra, nel 1971 il cda ricevette dal Comune la richiesta, in occasione di un premio che Milano conferiva a Charlie Chaplin, di proiettare Tempi moderni nella sala del Piermarini; rispose di no, rispose che il teatro ha una funzione diversa; alla fine Carla Fracci fu protagonista di una Giselle dedicata a Charlot, che poté applaudire dal vivo, ricambiato calorosamente dal pubblico e il film fu proiettato in altra sala". E se, vero, Milva si esibì alla Scala "lo fece per Brecht, Berio, Petit e se fosse ancora tra noi Grassi (avèghen!), oggi prenderebbe letteralmente a calci tutte le serate dei palloni d’oro, dei red carpet della moda, delle lavatrici nel foyer, prenderebbe a calci i neo-calciatori dell’Inter che arrivano a Milano ed entrano in Palco Reale, a teatro chiuso, per un selfie su Instagram. Prenderebbe a calci i responsabili di tutte queste amenità che popolano da oltre un decennio il Teatro alla Scala".

La polemica è principalmente con il sovrintendente-direttore artistico Dominique Meyer, "un signore manifestamente sprovvisto di cultura scaligera", ma non solo: "Ci dicono che l’attuale sovrintendente abbia permesso il concerto perché richiesto dai piani superiori? Peggio mi sento! - aggiunge Maranghi - La Scala è stato il simbolo assoluto di indipendenza e coerenza di un’istituzione culturale in Italia, da sempre!". La presenza di Conte alla Scala rappresenta un precedente pericoloso, "una autorizzazione a procedere. Discografici, sindaci, consiglieri, ministri, sponsor fatevi sotto! Dal 19 febbraio si può e ognuno di voi ha un cantante, un cantautore, un urlatore del cuore, da far suonare alla Scala!". Il concerto del maestro "porta pubblico giovane? NO. Porta un pubblico che resterà attaccato alla Scala? NO. La Scala ha bisogno di Paolo Conte o di Mina o Dylan per essere quello che è (ormai sarebbe il caso di dire che era)? NO! E Lei cosa riceve? Tantissimo. Lei può esibirsi, primo “non classico” nella storia, sul palcoscenico che fu di Rossini e Verdi, di De Sabata e Callas, di Gavazzeni e Visconti, di Pavarotti e Abbado, di Strehler e Zeffirelli". Non è nemmeno questione di cachet, conclude Maranghi, che propone a Conte: "Lasci stare la sala del Piermarini e chieda Piazza della Scala al Comune, per primavera. Montiamo un palco sotto Palazzo Marino e facciamo un concerto all’aperto Paolo Conte per il Teatro alla Scala". "Solo Lei - si legge sul Foglio - può fermare questa banda di inconsapevoli dissipatori della tradizione meneghina e del Suo simbolo più luminoso, La Scala". 

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