Se chiudi gli occhi, a Milano, senti un profumo diverso. Nonostante le polveri sottili e le polveri bagnate di questi anni grigi, più scuri della nebbia che ha reso celebri gli scritti di Scerbanenco, c'è un'aria sempre briosa. Perché qui il passato è un eterno ritorno che fa rima con rivoluzione. Ecco, queste strade sono state la madre delle insurrezioni italiane. E in principio, nell'alveo della Nazione, è stato il Risorgimento a guidarci verso i simboli e le voci che oggi riconosciamo.
Così usciti dalla metro, rigorosamente linea gialla, di Montenapoleone e imboccando via Borgonuovo, superato il palazzo Armani, al civico 23 appare uno degli scrigni che porta con sé la memoria di questa città. Il Museo del Risorgimento. Qui c'è un silenzio che fa rumore. Ad attenderci all'ingresso Francesca Tasso - direzione area musei del Castello, Musei Archeologici e Museo del Risorgimento - e Ilaria Torelli, conservatrice del museo. Le due donne prendono in mano la situazione e ci guidano, prima, nella sala vetri dove è in corso la mostra Milano Medaglia d'Oro. Dalle Cinque Giornate alla Liberazione. Doveva concludersi il 19 ottobre, ma è stata prorogata fino al 26.
Louvre, i gioielli rubati? "Valevano 88 milioni", ma non erano assicurati
Il valore dei gioielli della Corona rubati al Louvre domenica scorsa è stimato in 88 milioni di euro, secondo la ...Il materiale risulta conservato in maniera minuziosa, passo dopo passo catalogato, ma principalmente - come tradizione vuole- l'esposizione ha una scelta di privilegiare la parte legata alla pittura. Perché la storia ci insegna che abbiamo bisogno di simboli, di visioni e interpretazioni per non smettere di credere a un respiro senza sosta. La ricognizione di tutto quello che ci circonda va dall'età napoleonica alla Seconda Guerra Mondiale. A ogni passo c'è un tricolore e una storia che parla d'Italia. «La manutenzione triennale», ci spiega la Torelli, «iniziata lo scorso anno terminerà nel 2027. Ogni oggetto richiede un tipo particolare di lavoro, a partire dal tessile».
Le date che segnano lo spirito meneghino sono quelle delle medaglie d'oro. Le Cinque Giornate, la rivolta mazziniana del 6 febbraio 1853 e la resistenza dal 9 settembre 1943 al 25 aprile 1945. Siamo in una cattedrale civica ricolma di simboli. L'attenzione, ora, è tutta per uno dei vessilli sventolati sulle barricate del 1848. «Questo è quello che ogni anno il nostro museo consegna al cerimoniale del sindaco, che a sua volta lo assegna alla Scuola Militare Teuliè e che i suoi cadetti fanno sfilare in città durante la ricorrenza delle Cinque Giornate», ci dicono in coro le nostre guide. Mentre gli occhi sono rubati dalla scritta, incisa sulla bandiera, che riporta a Mazzini e all'ideale di Patria ottocentesco: «W Dio, Italia e Pio».
C'è la sciabola di Radetzky, il nobile nemico austriacante di Milano, ma anche cimeli immortali come il tricolore messo in salvo dal panettiere Giuseppe Sottocornola, direttamente dalla caserma di Sant'Eustorgio, salvato dagli austriaci durante la consueta consegna del pane. Trova il suo tempo anche la moda. Non potevamo che finire davanti al manichino che indossa la gonnella commemorativa di Luisa Battistotti Sassi. Protagonista delle Cinque Giornate le fu dedicato un capo d'abbigliamento, per l'ardore mostrato, usato principalmente durante le commemorazioni. Luisa immortalata sul grembiule con il cappello calabrese - reso celebre dai moti in Calabria negli anni '20 dell'800 - e il fucile. Le italiane la rivoluzione la fanno meglio. Lasciamo la mostra ed entriamo nel museo.
Ad accoglierci «uno dei primi esempi, insieme a quello del Museo di Reggio Emilia, di tricolore. L'opera di restauro prevederà una nuova versione di allestimento conducendoci», prosegue la Torelli, «a una notevole evoluzione dell'esposizione. Quello che dobbiamo considerare è che il tessile soffre tantissimo e deve essere esposto, al massimo, a 50 lux - unità di misura della luce, e oggi fortunatamente abbiamo linee guida molto più precise. I tessuti devono essere irrorati da luce bassa e posizionati non in maniera verticale, ma appoggiati su piano inclinato». Primo tricolore dicevamo quello dello stendardo della Compagnia Cacciatori a Cavallo della Legione Lombardia datato 1796. Siamo al cospetto dell'Italia in nuce.
Le timoniere di questi spazi ci salutano lasciandoci per l'ultimo tratto in solitaria. E così possiamo soffermarci sulle reliquie di Luciano Manara, sul mantello di Napoleone (proprietà di Brera), sui panciotti tricolori, sulla tela di Gerolamo Induno Donne che cuciono una bandiera, sul vessillo della Repubblica Romana avvolto dal tulle e sul poncho di Garibaldi usato durante l'entrata a Palermo del 1860. Qui l'Italia è ovunque. Il verde, il bianco e il rosso illuminano corridoi e le sale. L'uscita è come il risveglio al mattino dopo sogni di gloria. Milano schiusa nonostante l'autunno, però, ci rammenta che ogni ricordo visto e vissuto vive ciclicamente dentro e intorno a noi.

