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La norma "salva Milano" chiamatela come vi pare

Se non ci fossero di mezzo oltre 4500 famiglie che rischiano di restare senza un tetto sulla testa, a sentire le parole pronunciate ieri dal sindaco di Milano Beppe Sala, ci sarebbe da farsi più di una domanda
di Fabio Rubinidomenica 9 novembre 2025
La norma "salva Milano" chiamatela come vi pare

3' di lettura

Se non ci fossero di mezzo oltre 4500 famiglie che rischiano di restare senza un tetto sulla testa, a sentire le parole pronunciate ieri dal sindaco di Milano Beppe Sala, ci sarebbe da farsi più di una domanda. Ma visto che queste famiglie ci sono e sono reali, ci accontentiamo di dire a Sala: meglio tardi che mai. L’argomento è il caos urbanistica; l’inchiesta che ha bloccato oltre 150 cantieri nella capitale economica d’Italia; e l’annosa diatriba sulla cosiddetta legge “Salva Milano”, più volte avanzata dal centrodestra, ma sempre avversata dalla sinistra e, a corrente alterna, dallo stesso Sala. Bene, ieri, dopo l’ennesima manifestazione di protesta dell’associazione che raggruppa le famiglie in attesa che le inchieste sblocchino i lavori per le loro case, il sindaco di Milano ha pronunciato parole di apparente buonsenso: «Serve una norma nazionale, perché queste problematiche si stanno già generando e si genereranno anche in altre città italiane».

Sala prova a indicare anche la soluzione, se così si può chiamare: la nuova legge «non chiamiamola più “Salva Milano”, perché è stata un’esperienza da dimenticare, non apprezzabile da nessun punto di vista, per nessuno dei protagonisti, noi compresi. Ma una norma serve - ha ribadito Sala - anche per dare una risposta strutturale a un problema che riguarda non solo Milano, ma il Paese». Due le annotazioni che vengono immediatamente alla mente leggendo queste dichiarazioni. La prima è che non ci risulta esistano altre situazioni paragonabili per dimensioni a quella di Milano, ma vabbè. La seconda, la più dirimente, è quella che finalmente anche il sindaco sembra aver capito che non si può più cincischiare (come accaduto per San Siro), perché qui non c’è in ballo solo una questione politica, ma anche se non soprattutto, una questione umana e sociale: la tutela di chi in quei cantieri bloccate dalle inchieste ha investito tutti i risparmi di una vita e magari si è pure indebitato. E poi c’è una questione economica, perché bloccare quei cantieri costerebbe miliardi di euro tra i lavori non fatti e gli investimenti futuri che si perderebbero. Un disastro. Finalmente sembra averlo capito anche il sindaco.

Resta da sperare che oltre a lui lo comprenda anche la maggioranza che lo sostiene. Sì, perché «l’esperienza da dimenticare» come la chiama Sala, è tutta responsabilità dei partiti di sinistra. Pd in testa. Sono stati loro a tenere in ostaggio sia il sindaco, sia l’intera città, con un tira e molla sulla legge che non ha eguali in questo Paese. Quando il governo, al solo scopo di aiutare le famiglie, ha presentato il testo in Parlamento, chi ha fatto le barricate? La sinistra. Chi ha brigato per ottenere il ritiro di quel testo? Solo la sinistra. Chi ha snobbato le “famiglie sospese”? Sempre e soltanto la sinistra. E allora che si prenda le proprie responsabilità. Come? Per una volta ascoltando Sala, senza che il verde di turno si metta di traverso al solo scopo di perdere un po’ di tempo e guadagnare qualche preferenza in più nel 2027. Perché questa cosa va detta chiara ai milanesi. L’unico motivo per il quale questa situazione non si è ancora risolta è esclusivamente politico: la sinistra non poteva e forse ancora non può, permettere che a risolvere la situazione sia un governo di centrodestra. Sarebbe come ammettere un clamoroso fallimento a poco meno di due anni dalle elezioni per scegliere il nuovo sindaco. Il tempo dei tentennamenti, però, è finito. Lo ha capito anche Beppe Sala. E allora avanti con una proposta seria. Non volete chiamarlo Salva Milano? Chiamatelo come volete, ma chiamatelo e soprattutto votatelo. Tutti assieme. In caso contrario il governo si faccia pieno carico della situazione. Nomini un commissario per l’Urbanistica di Milano, che possa dare una speranza alle oltre 4.500 famiglie che sono in attesa non solo di una casa, ma anche di risposte concrete per il loro futuro.