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Milano, i misteri della casa di via Cavezzali: sentinelle, abusivi e subaffitti

di Giorgio Vallerisvenerdì 26 dicembre 2025
Milano, i misteri della casa di via Cavezzali: sentinelle, abusivi e subaffitti

4' di lettura

Che ne è stato di uno dei «buchi neri» più spaventosi di Milano? Ricordate il palazzo di via Cavezzali 11, traversa di via Padova, che era finito al centro delle cronache per essere una ‘terra di nessuno’, una sorta di zona franca dove spaccio, prostituzione e abusivismo avvenivano platealmente e alla luce del sole? Dopo il maxi sgombero dell’aprile 2018, avvenuto un paio di settimane dopo un servizio de Le Iene che documentava quello che avveniva in questo fortino dell’illegalità, la situazione non è migliorata granché e il complesso, un ex residence che conta quasi 200 locali tra mono e bilocali nei suoi 9 piani, è tornato nel degrado. Basta fare un salto in zona per rendersene conto. Noi ci siamo andati e, appena ti avvicini al cancello ti senti subito «osservato speciale»: davanti al portone ci sono un immigrato di origine africana e un ragazzo in alta uniforme maranza con tuta e borsello, che presidiano l’ingresso e ti squadrano dalla testa ai piedi. Così decidiamo di percorrere pochi metri e girare a sinistra in via Russo: lì scopriamo una discarica abusiva in piena regola con laterizi e pezzi di mobili di ogni tipo abbandonati nel cortile condominiale. Per il resto, il silenzio che regna in quel complesso è quasi irreale. Incrociamo solo un’anziana signora di ritorno dalla spesa che, rispondendo a una nostra domanda sullo stato del luogo ci dice: «Meglio stare alla larga da quel posto».

IL RACCONTO
In effetti, anche dopo lo sgombero, i campanelli d’allarme non sono mancati: qui l’anno scorso la polizia aveva arrestato un gambiano per detenzione di cocaina. A confermare che qualcosa ancora non va è Marzia (nome di fantasia) che, nel settembre scorso, ha risposto ad un annuncio per un bilocale di 50 metri quadri in quel complesso proposto in affitto a soli 350 euro, un prezzo piuttosto vantaggioso per il capoluogo lombardo. Peccato che, fin dalle prime battute, la trattativa non sia andata esattamente come sperava. «Andrea, ha detto di chiamarsi di così, sosteneva che suo zio Mario fosse il titolare di tutto lo stabile che lo avesse acquistato e bonificato mentre lui gestisse le vendite. Però mi ha sconsigliato di andare lì e mi ha proposto un appartamento in viale Bligny che però costava il doppio, 650 euro al mese». Niente di fatto. Poi, la ragazza trova lavoro in un’agenzia immobiliare e si ricorda del presunto proprietario dello stabile. Così richiama Andrea che le dà appuntamento nel vicino bar e lì trova Mario (lo zio) che riconosce essere lo stesso personaggio apparso nel servizio de Le Iene anni prima. L’uomo si fa trovare al tavolo con una bottiglia di spumante in fresco, pronto a festeggiare: «Ci ha proposto un attico a 320 mila euro e in men che non si dica era già sceso a 300 mila perché - ha detto lui - mi siete simpatici». Come no. «Poi ha chiesto a me se fossi ancora interessata ad un affitto e gli ho risposto che, come libera professionista, non avevo buste paga da mostrargli, al che mi ha bloccato dicendomi “non c’è problema, la busta paga te la faccio io”».

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TESTIMONIANZE
La ragazza continua: «Insospettiti, io e il mio collega abbiamo controllato e ci siamo accorti che l’ex residence in questione non era intestato a nessun Mario o ad Andrea anzi non c’era nessuna traccia di questi due nei documenti ufficiali così abbiamo lasciato perdere». Tra l’altro, lei era capitata, per caso, nello stesso immobile anni prima, nel 2014, quando cercava un cucciolo di cane da adottare ed era finita lì dietro consiglio di un conoscente. «Ricordo che incontrai una signora che mi disse: “qui, c’è brutta gente, voglio andarmene ma non riesco a vendere”. Mi ha fatto una pena incredibile e mi chiedo: ma possibile che dopo tutti questi anni le cose siano ancora così?». Per intenderci, un ex amministratore dello stabile che cercava di riportare la legalità aveva persino denunciato di essere stata aggredita in mezzo alla strada nel giugno 2010. Insomma: quella era l’aria pesantissima che si respirava da quelle parti. E poco è cambiato. Tesi confermata da Mattia, che ha lavorato come custode in uno stabile vicino proprio nell’estate 2018, un paio di mesi dopo lo sgombero: «Tutto era tornato come prima con il via vai di queste persone, lo spaccio, l’ingresso piantonato e giri loschi. Tutto alla luce del sole». Il punto è che tra spaccio, abusivismo e tutto il resto la storia di questo enorme condominio fatiscente è la dimostrazione che non basta sgomberare un palazzo per ripristinare la legalità, ma serve un presidio costante per controllare che il male, come una metastasi, non torni ad attecchire. Dal gennaio 2023 c’è un nuovo amministratore che si sta impegnando per riportare tutto entro i binari della legalità. Oggi più che mai vale la pena porsi un paio di domande: quante altre vie Cavezzali 11 esistono a Milano? E dove sono?