Repubblica scarica in un solo colpo Renzi, Camusso e Landini
In un solo colpo Repubblica scarica Renzi, Camusso e Landini. Nell'editoriale di oggi (5 novembre 2014) il direttore Ezio Mauro sostiene che il dramma del lavoro sta spaccando l'identità della sinistra. Da una parte c'è il premier che poteva governare la questione articolo 18 con una modalità diversa "cioè con una cultura e una consapevolezza che sono il segno distintivo di un leader di sinistra, e a mio giudizio non tolgono efficacia all'azione di cambiamento, anzi l'aumentano". "Il Premier", secondo Mauro, "poteva infatti spiegare al Pd che tocca alla sinistra di governo affrontare la riforma del lavoro perché altrimenti lo farà la crisi che non è un soggetto neutro, ma trasformando in politica il dogma della necessità mette i Paesi con le spalle al muro, tagliando a danno dei più deboli e non riformando nell'interesse generale. Nello stesso tempo poteva richiamare davanti ai suoi ministri il rischio che la crisi comprima soltanto i diritti del lavoro, come se fossero — unici tra tutti — variabili dipendenti, diritti nani, pretendendo quindi un'attenzione particolare alle tutele degli ammortizzatori sociali". "Poi", continua il direttore di Repubblica, "poteva dire agli imprenditori che non ci sono pasti gratis neppure per loro, e che dopo la modifica dell'articolo 18 e il taglio dell'Irap dovevano fare la loro parte contribuendo a mantenere i costi della democrazia, quindi del welfare, di quella qualità complessiva del sistema sociale di cui tutti ci gioviamo, qualunque sia il nostro ruolo. Quindi doveva avvertire tutti i soggetti sociali del rischio che si rompa il vincolo tra i vincenti e i perdenti della globalizzazione, con i primi (abitanti degli spazi sovranazionali dove si muove il vero potere dei flussi informatici e finanziari) che non sentono più alcun legame di comune responsabilità con i secondi, segregati nello Stato- nazione che non ha più alcun potere di intervento e di controllo sulla crisi, salvo subirne tutti i contraccolpi. E infine, doveva avvertire il sistema politico e istituzionale, e addirittura l'Europa, del pericolo che attraverso il lavoro salti il nucleo stesso della civiltà occidentale, ciò che ha tenuto insieme per decenni capitalismo, democrazia rappresentativa e welfare state". I sindacati - Poi ci sono i sindacati. "Per settimane", tuona Ezio Mauro, "abbiamo assistito ad una dichiarata trasformazione dell'articolo 18 in tabù, totem e simbolo per entrambe le parti in causa, governo e sindacati. Finché l'ideologia ha prevalso sulla sostanza. E nello scontro tra le opposte ideologie ha vinto quella dominante: perché anche i mercati e la Ue ne hanno una, capace di resistere persino all'evidenza della crisi che dovrebbe sconfessarla". "L'occasione ideologica", punutalizza il direttoe, "è stata colta al volo da Renzi e dalla sinistra sindacale per un'evidente ragione identitaria, con obiettivi contrapposti. Per il Premier, un blairismo a portata di mano (in un Paese che però ha avuto vent'anni di Berlusconi, non di Thatcher: populismo demagogico invece di estremismo liberista), e soprattutto una carta da giocare sull'altare del rigore europeo, per provare a guadagnare credito da convertire in flessibilità per la crescita. Per la Cgil un plusvalore politico immediato, che richiama la tradizione, recupera la storia, costituisce l'identità, crea automaticamente un campo". Un campo in cui si è iscritta la minoranza interna del Pd che vorrebbe recuperare un significato generale per la sua battaglia particolare di resistenza al potere renziano.