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Vittorio Feltri: perché tra fascisti e comunisti scelgo 100 volte i primi

Andrea Tempestini
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Nella mia trascurabile esistenza anche professionale sono stato di tutto, perfino socialista, però mai fascista. D'altronde il fascismo è scoppiato giovane, nel 1945 a soli venti anni e io non ho fatto in tempo a conoscerlo da vicino, pertanto non me se sono potuto innamorare. Tuttavia se un collega mi domandasse: preferisci il fascismo o il comunismo? Dovendo scegliere tra le due citate schifezze non esiterei: darei la preferenza alla prima, cioè a quella fondata e affondata da Benito Mussolini. La seconda infatti ha prodotto più danni se non altro perché è durata a lungo, oltre 70 anni. Non comprendo perché oggi, a distanza di tre quarti di secolo si continui a deprecare in modo ossessivo e patologico il regime ducesco, quasi che non fosse mai morto e seguitasse ad essere una minaccia, mentre il socialismo sovietico, le cui tracce nefaste sono ancora perfettamente percepibili nella sinistra italiana, non susciti alcuna riprovazione. È un mistero. Le camicie nere e l'olio di ricino non piacciono a nessuno che abbia meno di 90 anni eppure eccitano gli animi di finti partigiani (quelli veri sono defunti per vecchiaia) specialisti nella caccia ai fantasmi. Le bandiere rosse invece sventolano in ogni manifestazione di piazza, ma sono guardate con distacco, indifferenza da chiunque. Il Duce fu fucilato tra l'esultanza di coloro che lo avevano applaudito fino al giorno prima; Stalin e il suo fido collaboratore, Togliatti, creparono nel loro letto e quando si celebrarono le esequie dell'uno e dell'altro il popolo versò calde lacrime. Tra i due tiranni, non c'è dubbio che quello comunista fu più atroce e sanguinario di quello fascista, però ciò non turba le coscienze né solleva interrogativi acconci su quale dei due despoti fosse peggiore. Lo stesso fenomeno si replica nel nostro vituperato Paese. Recentemente un giornalista ha domandato a Scalfari, ideatore e direttore della Repubblica, uomo anziano , lucido e scrivente: fosse costretto a votare o per Di Maio o per Berlusconi, a chi darebbe il suo consenso? Risposta: lo assegnerei al secondo. Eugenio non l'avesse mai detto. Lo hanno sbranato, insultato, dileggiato e costretto a scrivere un articolo nel quale egli si è quasi sentito in obbligo di scusarsi. Cose da matti. Chiunque con un minimo di intelligenza o almeno di esperienza avrebbe optato per il Cavaliere, anche detestandolo. È naturale che uno quale Scalfari, posto alle strette, abbia gradito quello che considera il male minore ovvero Silvio. Dove è il problema? De Benedetti si è adombrato e ha rimproverato pesantemente il suo editorialista principe, scordandosi che i successori di Scalfari alla guida di Repubblica non hanno fatto meglio di lui, abile ad arrampicarsi sul monte delle copie vendute, ma si sono distinti nell'arte di scivolare giù dal monte stesso. Il quotidiano in questione è diventato anemico forse perché odia il nero in senso politico e pure grafico. Al punto da averlo abolito dalle proprie pagine e trasferito a Milano, dipingendo San Babila (deserta per lavori in corso) quale covo di fascisti. Fascisti immaginari. Questa città se ha qualche guaio lo deve a una amministrazione stolta di sinistra. Rossa di vergogna. di Vittorio Feltri

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