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Matteo Salvini, l'avviso di Paolo Becchi: "Il tempo degli slogan e delle provocazioni è finito"

Gabriele Galluccio
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Trasformare l'elezione in Emilia-Romagna in un referendum pro o contro se stesso, poteva far vincere Matteo Salvini, e conquistare una regione simbolica, ma anche perdere e con questo subire una sconfitta personale. Così è stato. Inutile girarci intorno, anche se la partita delle regionali continuerà nei prossimi mesi. Per approfondire leggi anche: "Salvini? Poco intelligente" Cerchiamo di analizzare perché è successo. In Emilia-Romagna l'economia non va male e il Pd è da 75 anni il "Potere" con la maiuscola per cui era difficile sconfiggerlo senza un candidato di un certo spessore e delle proposte specifiche capaci di attirare l'attenzione dei cittadini. In questa regione il Partito democratico ha la Lega Coop (costruzioni, centri commerciali) con miliardi di fatturato e decine di migliaia di dipendenti, ha dalla sua le radio e giornali locali (gruppo Repubblica), le università e gli ospedali sono pieni di uomini suoi e in settantacinque anni di governo ininterrotto ha costruito una rete capillare di consenso che sarebbe troppo lungo qui elencare. In aggiunta, Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia sono le uniche regioni italiane che grazie all'export che tira sono tornate ai livelli di Pil pre-crisi. L' economia italiana ha smesso di peggiorare da alcuni anni, ma mentre resta depressa nel centro-sud, in Emilia è migliorata negli ultimi anni. Inoltre i titoli di stato e la borsa vanno bene e questo riduce il "bisogno di cambiare" delle fasce benestanti della popolazione (che si concentrano nelle regioni ricche come l'Emilia appunto). COMUNICAZIONE In questa situazione concentrarsi su "Bibbiano" e giocare su alcune provocazioni come il citofonare a casa di spacciatori tunisini non è sufficiente. Il candidato che presentava la Lega - bisogna onestamente ammetterlo - non aveva qualità particolari in termini di curriculum e capacità di comunicazione e non c'erano proposte specifiche di nota. Quelle che noi avevamo avanzato su questo giornale non sono state neppure prese in considerazione. Il candidato del Partito democratico si è giocato - bene - la carta della sua provata competenza, mentre dall'altra parte tutto è stato affidato alla personalità di Salvini che con coraggio e generosità si è speso in giro per ogni provincia emiliana, senza però poter parlare dei problemi specifici locali, per l'ovvia ragione che un leader nazionale non può conoscerli bene. Il confronto è così diventato uno scontro a livello nazionale tra Salvini e il Pd e in regioni più disastrate il senso di frustrazione della maggioranza della gente si può tradurre in un vantaggio per un leader sovranista che promette il cambiamento. Ma quando l'economia si stabilizza e in regioni più ricche occorre qualcosa di più. INSOFFERENZA In Italia l'economia va peggio che in Francia, ma da noi non ci sono movimenti spontanei di protesta su temi sociali: il M5s aveva intercettato la frustrazione e la rivolta poi però tutto si è risolto in una bolla di sapore. In regioni come l'Emilia c'è anzi ora il fenomeno "radical chic" delle Sardine, che vanno in piazza per difendere la Ue, l'immigrazione di massa e la globalizzazione dai loro nemici "nazionalisti" e "fascisti" (ovviamente nella loro immaginazione). In Emilia-Romagna (o ad esempio anche a Milano città) non è sufficiente "il bisogno di cambiamento" generico e l'insofferenza per l'immigrazione fuori controllo. Qui i partiti sovranisti, che appunto non godono dell'appoggio della Ue, del mondo economico finanziario e dei grandi media, devono fare uno sforzo per mostrarsi seri e competenti. Il crollo catastrofico del M5S dimostra che gli italiani vogliono cambiare, ma sono anche rapidi a mostrare la loro delusione quando un Movimento tradisce il proprio programma. Se il M5S diventa una copia del Pd, tanto vale votare l'originale. Beninteso, per la maggioranza degli italiani le cose continuano a non andare bene, ma il peggioramento è molto lento e ci si è in parte assuefatti al declino perché appunto avviene senza scosse e per gradi. Salvini deve prendere coscienza di questa realtà, dotarsi di un programma politico serio, di una visione complessiva di Paese, e di proposte specifiche concrete e credibili per migliorare le cose. Il tempo degli slogan e dei gesti provocatori è finito. di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi

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