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Antonio Padellaro: "La sinistra italiana è più cinica della destra, e Renzi è peggio di Berlusconi"

Giulio Bucchi
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Colpo di scena al Fatto quotidiano: Silvio Berlusconi è meglio di Matteo Renzi. Intervistato da Italia Oggi, il direttore editoriale del Fatto Antonio Padellaro demolisce punto per punto il premier, a cominciare da quell'uscita sul ventennio bloccato "da berlusconismo e anti-berlusconismo" che a suo dire denota cinismo assoluto. "La cosa che sorprende, nella frase di Renzi, è l'enorme superficialità - spiega -. Non si possono liquidare venti anni con una battuta". "Essendo sveglio, Renzi mostra in questo modo il suo enorme cinismo. Mira a dire che prima di lui non c'è stato niente. Che il tempo della politica nazionale si conta negli anni prima di Renzi e dopo Renzi", un po' come Gesù Cristo, anche se sembrerà blasfemo". Il cinismo della sinistra - In questo senso, secondo Padellaro, Renzi è l'erede del cinismo di sinistra, pur non essendo di sinistra. "Ho trovato più cinismo a sinistra che a destra - commenta -, anche se può sembrare paradossale. Perché la destra ha, in questo Paese, responsabilità gigantesche, e Berlusconi ne è l'emblema, ma grandi cinici non li ha mai espressi. A cominciare dal Cavaliere, il cinismo da laboratorio non gli è mai appartenuto. A sinistra, il potere sta nel Dna ideologico: il potere ha comunque ragione. E ho visto, i Ds prima e il Pd, poi considerare la politica così, come rapporto di forza. La politica del più forte perché quella del più debole, a prescindere dai suoi valori progressivi che esprimeva, non contava. E questo è il motivo che ha finito per marginalizzare la sinistra nell'ultimo ventennio". Per questo motivo la sinistra continua a dividersi, alla ricerca di uno spazio vitale sia pur minimo. Forse si andrà incontro ad un'altra scissione, perché Renzi sta commettendo un grave errore: considerare il Pd il "suo" partito. L'errore (fatale?) di Renzi - "Massimo D'Alema è un grande cinico, ma ha sempre rispettato o, meglio, ha sempre tenuto conto dell'elettorato del suo partito, essendo un uomo di partito. Oggi la base non c'è più: ieri c'erano certe federazioni, certi circoli, i cui compagni, quando si facevano sentire, erano ascoltati. Oggi che cosa c'è? Il Giglio magico, certo. E poi? Chi conta nel Pd? La politica personale su tutto". E Renzi? "È l'allievo più brillante di Berlusconi, che ne fu l'inventore. Ma nel caso del Cavaliere, sa, il partito era suo: l'aveva inventato, lo finanziava. Il segretario del Pd, invece, compie una forzatura, non ne è il proprietario: il Pd di Renzi non è Renzi. E pure i voti alle europee del 2014, che il sottosegretario Luca Lotti oppone a D'Alema, non ci sono più, lo dicono tutti i sondaggi".

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