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Duro attacco di Travaglio a Napolitano: "Sua Castità" salvato dai giudici "che chiagne e fotte"

Marco Travaglio

Nell'editoriale sul Fatto l'affondo del giornalista che critica anche la decisione della corte sulla trattativa Stato-mafia

Eliana Giusto
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"Re Giorgio", "Re Sole", "Sua Castità". Così Travaglio chiama il presidente della Repubblica nel suo durissimo editoriale sul Fatto. "Complimenti al regista, e anche allo sceneggiatore", sbotta. "Ieri l'Inciucio Day si è aperto di prima mattina nel supercarcere dell'Ucciardone con un sacrificio votivo sull'altare della Casta: un bel falò pirotecnico, non di agnelli o montoni o vergini inviolate, ma di nastri e bobine che immortalavano le quattro telefonate fra il capo dello Stato Napolitano e l'indagato per falsa testimonianza Nicola Mancino, implicato nella trattativa Stato-mafia".  Travaglio si riferisce appunto alla distruzione delle intercettazioni che riguardavano Napolitano e Mancino. E aggiunge: "Non contenti, i supremi cortigiani hanno disposto l'ennesimo rinvio della decisione sul trasloco dei processi a B. da Milano a Brescia, facendo slittare sine die il processo Ruby e allontanando così il giorno della sentenza", visto che Berlusconi "s'appresta al trionfale ingresso nel governo di larghe intese".  Ma l'affondo è tutto per Napolitano che durante il suo discorso in Parlamento ha "scudisciato la Casta di cui fa parte dal 1953, raccogliendo applausi, standing ovation e ola dai frustati medesimi, ben consci che il gioco delle parti imponeva l'esercizio sadomaso per il bene supremo della sopravvivenza. Copiose le lacrime sparse da Sua Castità, nella migliore tradizione del chiagni e fotti". 

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