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Sallusti attacca Alfano e le colombeTravaglio già lo vede a San VittoreFerrara se la prende con gli inglesi

Giuliano Ferrara, Marco Travaglio, Alessandro Sallusti

Nicoletta Orlandi Posti
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La sentenza di condanna di Silvio Berlusconi continua ad alimentare il dibattito politico italiano, ma anche a solleticare la penna degli editorialisti.  C'è ad esempio Marco Travaglio che già vede il Cavaliere dietro le sbarre di San Vittore o di Regiona Coeli, oppure Ferruccio Sansa, il direttore del Fatto del Lunedì, secondo cui l'Italia è diventata una monarchia a sua insaputa. Il giornalista fantastica sulla successione tra padre Silvio I e figlia Marina I Berlusconi che sarebbe "pronta a decidere della vita di 60 milioni di persone" solo perchè un genitore "preoccupato del destino della sua bambina" decide di regalarle il Paese, come fosse suo. Da parte sua Alessandro Sallusti se la prende con i ministri del Pdl che ieri, invece di partecipare al raduno azzurro di via del Plebiscito hanno preferito restare in vacanza. Il direttore del Giornale non capisce che cosa ci sarebbe stato di offensivo a stringersi attorno al presidente e ai loro elettori. "Misteri di una politica lontana dalla gente, fatta di riti ipocriti e inutili. Probabilmente hanno preferito tenersi stretta la poltrona miracolosamente conquistata solo grazie alla rimonta elettorale del Cavaliere", puntualizza Sallusti. La giustificazione di Alfano & C di non voler offendere gli alleati non lo convince e non gli piace del resto, scrive, "gli alleati hanno contraccambiato la gentilezza con una serie di insulti e pernacchie al discorso di Berlusconi". Poi c'è Giuliano Ferrara che se la prende con la stampa inglese. Il Financial Times? "Dei cretini all'inglese", tuona l'Elefantino che spiega: "Da quindici anni chiunque viene a Roma, parli inglese, francese o tedesco si mette a editorialeggiare. Ma mai che capisca alle radice le vicende italiane". "I giornalisti della stampa estera", continua sul Foglio, "con poche eccezioni non hanno mai voluto capire, perchè c'è troppo da introiettare, che il fenomeno Berlusconi nasce dalla crisi per mano del partito dei giudici della Repubblica dei partiti. Berlusconi politico, e il suo anomalo e speciale movimento di popolo, nascono nel 1992 e 1993, quando invece di sanzionare reati, distinguendo tra attività irregolari di tutti i  partiti e arricchimenti personali e di lobby disgustosi, il partito dei giudici attua il programma di distruzione della democrazia costituzionale, giudicata nell'insieme corrotta e marcia e diventa il nuovo principe al quale tutti i codardi rendono omaggio. Tutti tranne uno, Berlusconi, però è popolarissimo, è ricco e straricco, ha un'aura carismatica per il modo semplice e diretto di esprimersi, e azzecca le due o tre cose decisive che caratterizzeranno i vent'anni successivi: ci si batte per il governo e l'alternativa di forze diverse al governo dello stato, ci si batte tra due poli contrapposti, ci si batte esercitando la responsabilità e la leadership legata alla persona del candidato che agisce in un rapporto di rappresentanza democratica diretta con grandi masse di elettori".

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