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Brass: "Dovevo fare Arancia meccanica, ma preferisco i lati B"

Venezia lo omaggia con una retrospettiva: "Mi avevano scelto prima di Kubrick, ero impegnato. Farò un film su una guardiana del faro. E non temo la morte"

Giulio Bucchi
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Ha avuto un ictus, ha affrontato il dolore, e lo sgomento. Ma non ha paura. E adesso parla di sé, della sua vita, della sua carriera, con l'ironia di sempre. Non ha paura di niente, dice. E non ha rimpianti. Questo è  Tinto Brass, il re del cinema erotico all'italiana, il profeta del «lato B» femminile, l'autore di film come La chiave e Paprika, di Così fan tutte e di Miranda. Un cinema che si fermava sempre un metro prima del porno. Film fatti di inquadrature ricercate, di giochi di luci e ombre, film che diresti «d'autore». E infatti, lo sono. Che poi, lì nel mezzo, ci siano i fianchi di Stefania Sandrelli o il seno di Debora Caprioglio, non significa molto. Anche gli artisti del Rinascimento avevano a che fare con il nudo. Non che Tinto si consideri un artista del Rinascimento. Ma un autore di cinema, in tutto e per tutto, sì. «Li chiamano film di serie B, ma per me non lo sono mai stati. Io ho sempre fatto cinema di ricerca formale. Non sono Antonioni, che peraltro era mio carissimo amico, ma sono Tinto Brass e mi accontento».  Alla Mostra del cinema, per Venezia classici venerdì 30 agosto, si proietterà il film Istintobrass. Un documentario sulla vita e la carriera del regista, firmato da Massimiliano Zanin, suo assistente da più di dieci anni. Nel film, a parlare di lui, Helen Mirren - l'attrice premio Oscar per The Queen - sir Ken Adam, lo scenografo di Kubrick, Gigi Proietti, Franco Nero, Adriana Asti e molti altri.  Domanda secca: ma in questi ultimi anni non le è mai venuta voglia di fare un film non erotico? «A me sì! Ma i produttori mi hanno sempre chiesto film erotici. Tutte le altre mie proposte le bocciavano!». Non le è mai mancato l'«altro» cinema? «No, mai. Non mi sono mai sentito ingabbiato o ridotto nelle mie potenzialità narrative. E alcuni dei miei film mi piacciono proprio, anche dal punto di vista formale».  A quale delle sue attrici si sente più legato? «Alla Sandrelli, alla Caprioglio, a Serena Grandi. Dopo aver visto Miranda, Serena Grandi mi ha detto: ‘maestro, se avessi capito prima che film stava venendo fuori, avrei dato di più! Vanessa Redgrave ha girato due film con me, e sono state esperienze meravigliose».  E Claudia Koll? «Era molto carina, molto sciolta, molto libera e molto serena, quando girava con me. Poi alcune di queste attrici hanno rinnegato i film che hanno fatto con me, per essere meglio accettate nel cinema serio o addirittura per cambiare vita».  La cosa le ha procurato molta amarezza? «No, neanche un po'. Ognuno vive la sua vita come vuole».  Ma è vero che avrebbe voluto Federica Pellegrini, la campionessa di nuoto, in una scena di un suo film? «Certo. Mi sarebbe piaciuto molto. Le ho anche proposto una storia d'amore, di un erotismo molto sfumato. Mi ha detto: ci penserò».  Aveva pensato anche al sindaco rottamatore Matteo Renzi... O era una boutade? «Perché no? Mi sembra uno al di fuori degli schemi. Mi sarebbe piaciuto».  È vero che le avevano proposto di dirigere Arancia meccanica? «Sì: negli Stati Uniti avevano visto un mio film e mi hanno proposto un contratto per dirigere Arancia meccanica. Dissi che ero d'accordo, ma prima volli dirigere L'urlo. Nel frattempo fu messo sotto contratto Stanley Kubrick».  Come lo avrebbe diretto Arancia meccanica? Forse avrei preso anch'io Malcolm McDowell. Ma lo avrei fatto ancora più strano di come lo ha fatto Kubrick».   I critici. In un suo film, mostra una tomba con i nomi di Kezich, Cosulich e Rondi. Odiava davvero i critici? «Ma no, era uno scherzo! Qualcuno di loro non la prese benissimo. Ma poi hanno capito che era un gioco da parte mia». Ma lei ha sofferto del giudizio dei critici? «No, non me la sono mai presa. Ognuno il suo lavoro».   A ottant'anni, ha ancora voglia di fare film?  «Certo che sì. Vorrei fare un film su una guardiana del faro, da girare fra l'Italia e la Croazia. E vorrei che lo interpretasse la mia musa ermeneutica, la mia amica psicologa Caterina Varzi».  Come giudica, adesso, la sua carriera? «In termini positivi, senza rimorsi. Ho fatto il cinema che volevo fare».  Ha paura della vecchiaia? «No, nessuna paura. Sono sereno. Guardo avanti. Sono solo un po' infastidito perché le mie gambe sono deboli. Per il resto, sono sereno e felice».  Luca Vinci  

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