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Amato agli italiani: "Siete razzisti"vuole la poltrona di vice-Kyenge?

Giuliano Amato

Il "Dottor Sottile" sale in cattedra e ci dà lezioni di educazione civica: "Non sappiamo accettare il diverso. Mi chiedo siamo razzisti? Evidentemente sì..."

Ignazio Stagno
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"Ma davvero siamo razzisti?". Giuliano Amato se lo chiede sul suo blog. E dopo un lunghissimo ragionamento puntan il dito sugli italiani e arriva ad una conclusione "sì siamo razzisti". Il Dottor Sottile si schiera dalla parte di Cecile Kyenge, ma nemmeno il ministro dell'Integrazione ha mai etichettato gli italiani come razzisti. La Kyenge parla di "minoranze". Amato invece dà lezioni a tutti. "L'accettazione dei diversi non viene necessariamente da sé. E tanto meno viene quando la prima reazione all'immigrazione è la paura, o perché si temono dei concorrenti per il lavoro, o semplicemente perché non si capiscono i nuovi arrivati, non se ne capiscono né la lingua né le abitudini. All'integrazione  fra diversi ci siamo disabituati da secoli e molti di noi, forse tutti noi, la dobbiamo reimparare. E' questo il nostro problema e ha ragione Cecile Kyenge che la mette proprio in questi termini", afferma Amato.  Lezione per tutti - Poi il "Professore" sale in cattedra e ci spiega come non essere "razzisti": "E' fondamentale poi il luogo di lavoro, così come sono fondamentali i mezzi di comunicazione, ad una condizione, alla quale i bambini arrivano di istinto, mentre gli adulti imparano a praticarla e non mi pare che noi italiani lo abbiamo fatto abbastanza: quella di considerare  il vivere insieme fra diversi una cosa normale  e non  il frutto della particolare bontà di qualcuno. Chi scrive fiction che pretendono di insegnare l'integrazione farebbe bene a tenerlo presente". Infine arriva la storiella strappalacrime per darci l'ennesima lezione: "Può essere utile una storiella che circola fra quanti  si occupano di queste cose. E' quella di un bambino che ha, fra gli altri, un compagno di classe nero e che, all'inizio dell'anno scolastico, mostra al padre una foto di gruppo. Il padre punta il dito sulla foto e gli chiede: “Come si chiama quello?”. E il figlio, a sua volta: “Chi, quello nero?”. Qualche mese dopo mostra al padre una foto scattata nella ricreazione e il padre, puntando il dito sullo stesso bambino, chiede: ”Ma gioca bene a pallone anche lui?”. E il figlio:  “Chi, quello col maglione rosso?”. Amato cerca forse una poltrona come vice-Kyenge? (I.S.) 

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