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Priebke, 20 anni di polemiche, odio e rancori

Erich Priebke

L'arresto, il processo, la prescrizione, l'ergastolo, le feste di compleanno, la scorta: la storia del boia nazista attraverso le controversie

Andrea Tempestini
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L'aguzzino delle Fosse Ardeatine, Erich Priebke, muore a Roma all'età di cent'anni. L'ex generale delle SS, per i 335 morti che ha sulla coscienza dopo l'attentato di via Rasella, non ha mai speso una parola di sentimento. Per il suo avvocato, Paolo Giachini, "la dignità con cui ha sopportato la sua persecuzione ne fanno un esempio di coraggio, coerenza e lealtà". Parole pronunciate poco dopo la morte, quando era appena terminata una storia piena zeppa di polemiche, rancori, prese di posizione, attestati d'odio e anche qualcuno di stima. Una storia che inizia quando Priebke fu riportato in Italia per il processo. La drammatica epopea del ritorno del nazista ha un antefatto, è il 12 maggio del 1994 quando una troupe americana lo ferma per strada in Argentina: "E' lei Erich Priebke?". La risposta: "Sì". La prescrizione - E' il momento della resa dei conti. Priebke torna in Italia. Il processo si tenne in un contesto tesissimo: durò tre anni, fu molto complesso, circondato da polemiche e discussioni. L'imputazione: "Concorso in violenza con omicidio continuato in danno di cittadini italiani". La prima sentenza del Tribunale di Roma arriva nel 1996: condanna con le attenuanti generiche, pena dichiarata estinta per prescrizione. Si scatenò un moto di indignazione popolare, la pena fu contestata poiché le circostanze aggravanti furono escluse, e di conseguenza la possibilità di condannare il boia all'ergastolo.  L'annullamento - A Roma sfilò, tra gli altri, la comunità ebraica. Dopo la lettura della sentenza, al Tribunale ci furono anche dei feriti. La sentenza prevedeva la liberazione immediata di Priebke, che venne poi arrestato nuovamente dopo la scarcerazione. Ufficialmente perché Priebke era in attesa dell'estradizione verso la Germania, ma con tutta probabilità venne trattenuto in modo da trattenere l'ex SS in Italia fino a quando la Cassazione avrebbe annullato il processo. Cosa che avvenne: nel 1996 la Corte accolse la ricusazione del giudice del tribunale militare. Nel luglio 1997 Priebke venne condannato a 15 anni: il Tribunale sostenne che i criminali di guerra non potessero cadere in prescrizione. L'ergastolo - Anche questa sentenza venne duramente criticata: molteplici le manifestazioni di protesta per quella che viene ritenuta una condanna troppo mite. Inoltre i difensori di Priebke sostenevano che, considerati gli anni condonati e i mesi trascorsi in cella, sostennero che avrebbe dovuto scontare solo pochi mesi. Ma successivamente la Corte d'Appello aggravò la sentenza e condanno Priebke (e con lui Karl Hass, ufficiale SS) all'ergastolo, poi confermato dalla Cassazione nel novembre del 1998. Ai domiciliari - A Priebke ed Hass, però, venne concesso di scontare la pena agli arresti domiciliari per ragioni anagrafiche (il boia delle Fosse Ardeatine, nel 1998, aveva 85 anni). Anche questa fu una decisione al centro delle polemiche, soprattutto quando gli arresti domiciliari venivano ristretti ed ampliati. Per esempio, nel 2007 fu contestata la decisione di concedergli un permesso per recarsi al lavoro nello studio del suo avvocato, e la decisione fu revocata soltanto pochi mesi dopo.  Niente lavoro - La marcia indietro sul permesso lavorativo arrivò dopo la protesta della Comunità Ebraica davanti all'abitazione di Priebke, in via Panisperna, a Roma. Nello stesso giorno il permesso fu revocato: Priebke, questa la motivazione ufficiale, aveva omesso di comunicare alle autorità gli orari e le modalità dei suoi spostamenti per recarsi a lavorare nello studio del suo avvocato. Il magistrato dell'ufficio militare dispose, si poteva leggere nel provvedimento, che "il detenuto Erich Priebke non possa ulteriormente allontanarsi dal proprio domicilio per recarsi allo studio dell'avvocato Giachini". I compleanni - Quindi, nel 2003, altre polemiche quando Priebke festeggiò i suoi 90 anni in un agriturismo fuori Roma. Un'aspra polemica, molto simile, si è riproposta recentemente, per i 100 anni del boia. A Roma apparvero slogan e svastiche innegganti al nazista ("Dio stramaledica i tuoi accusatori"; oppure "Auguri Priebke" e "Priebke eroe" nei pressi della sede dell'Anpi). Inoltre, Priebke tenne una festa in casa sua, dove pare fossero presenti anche alti prelati. Di pochi giorni prima, invece, la feroce polemica seguita alle immagini scattate a Roma che ritraevano Priebke in giro, con scorta e badante, per fare compere. Nel corso dell'odissea del nazista, ci fu chi, come Vittorio Feltri, chiese che gli fosse concessa la grazia per ragioni umanitarie. Posizioni simili a quelle di Indro Montanelli, che nei giorni del processo criticò la necessità del processo stesso e l'eventuale condanna. Recentemente, su Libero, Giampiero Mughini aveva chiesto di rispedire Priebke in Germania: un problema in meno per tutti, per lui e per noi, un Paese che non ha mai saputo gestirlo. Sullo sfondo, però, resta quel suo inquietante silenzio, quel pentimento che non è mai arrivato, che certo non avrebbe "risolto" una situazione irrisolvibile ma, forse, ne avrebbe cambiato, seppur minimamente, la percezione di un assassino

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