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Nicola Porro, salviamo papà Antonio Di Maio: è vittima delle ossessioni del figlio

Cristina Agostini
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"All'interno della maggioranza si sostiene che il ministro Luigi di Maio si debba salvare dal padre Antonio. Al contrario, sarebbe molto più utile per noi contribuenti salvare il padre dal figlio". Nicola Porro su Il Giornale, ribalta la vicenda che ha coinvolto il vicepremier grillino: "Un piccolo imprenditore che assume alcuni dipendenti a tempo in nero, che rimpingua in contanti le buste paga, pensiamo davvero che sia lo scandalo italiano? È illegale, certo. Ma perché una minimpresa si mette alla mercé di un possibile ricatto da parte di un suo lavoratore, se non perché, banalmente, non ce la fa a pagare il dovuto?". Leggi anche: "Per cosa possono indagarlo". Di Maio qui crolla sul catasto: le Iene lo incastrano Insomma, scrive Porro: "Stiamo impiccando papà Di Maio per una piscinetta gonfiabile e per aver messo dei calcinacci non a norma in un terreno di dubbio catasto. Grave, certo. Ma il peccato diventa mortale per il figlio". "Babbo" Di Maio, continua il vicedirettore, "dobbiamo salvarlo dall'orribile pregiudizio per cui, poche settimane fa, il figlio Di Maio ha cancellato dalle sue liste un candidato sindaco perché fotografato con un parente acquisito di un mafioso, da cui peraltro si era dissociato". Il problema è a monte. "Vorremmo vivere in un Paese in cui non sia reato tenere una carriola in campagna, installare una piscina gonfiabile (se non per la sua bruttezza), in cui un'impresa, per assumere un operaio, possa pagare una paga giusta e zero tasse, in cui per aprire una finestra non si debbano richiedere cento autorizzazioni. Insomma, in un Paese in cui allo Sviluppo economico ci sia qualcuno che conosca il disastro di fare impresa, come papà Di Maio più che il figlio, che pensa di utilizzare i nostri quattrini per trasferirli ai dipendenti in nero del padre".

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