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Fini a Casini che è tornato dal Cav: "Pier, amico mio, ti illudi"

Nicoletta Orlandi Posti
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"Che fai mi riprendi?". Gianfranco Fini esclude categoricamente che possa uscirgli dalla bocca una frase del genere. Non ha nessuna intenzione di ricandidarsi, nè di fare un partito, né tantomeno di "correggere" il famoso "Che fai mi cacci?" rivolto a Silvio Berlusconi e per questo gli risulta difficile capire la mossa dell'amico Pier Ferdinando Casini che invece è tornato come il figliol prodigo nella casa del padre. In un'intervista rilasciata a Repubblica, Fini dice chiaramente che "illude se stesso". " Come fa a stare con Storace e Maroni? - L'ex colonnello di An rivela che Casini, con il quale si sente spesso, gli aveva anticipato la sua decisione: "Pier ha agito non per un interesse personale, anche se molti lo pensano, ma secondo una valutazione oggettiva da cui derivano conseguenze errate". Secondo Fini, "Casini dice la verità quando sostiene che la legge elettorale che si sta prefigurando porta inevitabilmente o a una alleanza con Berlusconi o con Renzi o con Grillo, anche se quest'ultimo rinnega alleanze. E' una legge - ha sottolineato - che porta a un bipartitismo, ma l'errore è sostenere di rifondare la casa dei moderati con la Lega o con la Destra di Storace, o con chi contesta il Capo dello Stato, chi dice di voler uscire dall'euro e intende regolare i conti con la magistratura, negando l'emergenza meridionale". Le primarie bluff di Forza Italia - "L'errore di Casini - ha puntualizzato Fini a margine della presentazione a Salerno del suo libro "Il ventennio. Io, Berlusconi e la destra tradita" - è illudersi che la successione di Berlusconi avverrà con le primarie nel centrodestra". "Il potere mediatico che ha Berlusconi e il ruolo importante che ha faranno sì che anche se si dovessero disputare le primarie nel centrodestra, come dicono Alfano e Casini, finirà per vincerle il signor Toti di turno", sostiene Fini che durante la presentazione ha ammesso che "l'errore che non perdono a me stesso non è stato quello di determinare la nascita del Pdl ponendo fine ad Alleanza Nazionale, ma di non aver compreso che il passaggio all'interno di uno stesso partito avrebbe portato Berlusconi a fare quello che ha sempre fatto e cioè comandare, non convincere. La natura di Berlusconi - ha concluso - lo ha portato a concepire il Pdl come un partito padronale".

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