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Michael Shellenberger, lo scienziato si pente: "Perdonatemi per le bugie sul clima"

Pietro Senaldi
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Chi più sa, più dubita. La frase è di Enea Silvio Piccolomini, uomo saggio che la pronunciò prima di diventare Papa con il nome di Pio II. L'ultrà ambientalista Greta Thunberg non sa nulla, infatti non ha dubbi, e per evitare che le vengano ha pure deciso di non andare più a scuola. Giocoforza, sull'ambiente dice un sacco di sciocchezze, ma con una rabbia e una determinazione tali da farsi credere da centinaia di milioni di persone, che l'hanno eletta Papessa degli eco-ignoranti. D'altronde, siamo nell'era dell'odio, e chi strilla più forte e fa la faccia più cattiva vince. Se poi la faccia è quella di una bambina, è possibile che essa venga presa a prestito da Stati, multinazionali, lobby e finanzieri per sponsorizzare i loro affari a discapito di quelli altrui. Magari per lanciare monopattini o auto elettriche al posto di ciclomotori e diesel, o per favorire l'economia cinese al posto di quella tedesca. Capita così che chi ha studiato e parla a ragion veduta, venga ignorato, quando non criminalizzato, semplicemente perché canta fuori dal coro o perché il vento ha girato da un'altra parte. Passerà senz' altro inascoltata l'autodenuncia di Michael Shellenberger, ambientalista e attivista del clima, fondatore dell'organizzazione di ricerca e politiche che combatte per l'energia pulita nonché nominato dalla rivista Time "Eroe dell'Ambiente" nell'anno 2008. 

Il ricercatore si è voluto scusare pubblicamente, a nome di tutti gli ambientalisti, per l'allarmismo climatico che lui e i suoi colleghi hanno alimentato negli ultimi trent' anni. Così si è sfogato Shellemberger in un articolo pubblicato sulla rivista della sua organizzazione: «Fino allo scorso anno, ho evitato di parlare contro l'allarmismo climatico perché mi sentivo in colpa per aver contribuito a fomentarlo, ma soprattutto perché avevo paura di perdere amici e finanziamenti. Le poche volte che ho provato a difendere la climatologia da coloro che la distorcono, ho subito dure conseguenze, quindi ho taciuto mentre i miei colleghi terrorizzavano l'umanità». Lo scienziato ha anche pubblicato un libro, Non ci sarà l'Apocalisse, per spiegare che l'allarmismo ambientale fa male a tutti e che i cambiamenti climatici non sono la fine del mondo e neppure il problema ambientale più grave per l'umanità.

I nostri politici e i nostri media lo ignoreranno non perché in cattiva fede, ma perché ideologizzati e ignoranti, vittime di un lavaggio del cervello che non ha rispettato la loro flora e fauna cerebrale. Shellenberger non si limita a enunciare postulati, ma documenta quel che dice. Spiega che gli incendi nel mondo si sono ridotti del 25% in vent' anni, che i cambiamenti climatici non stanno rendendo peggiori i disastri naturali, che le emissioni di anidride carbonica sono in calo in tutte le nazioni più ricche e che per prevenire future pandemie occorre più agricoltura industriale. Lo scienziato si è deciso a parlare, consapevole di correre il rischio di passare per un negazionista, perché allarmato dai deliri ambientalisti, come quello di Bill McKibben, il più influente giornalista ecologista al mondo, che ha dichiarato che «i cambiamenti climatici distruggeranno la civiltà umana» o quello della parlamentare statunitense Alexandria Ocasio-Cortez, secondo la quale «il mondo, avanti di questo passo, finirà entro dodici anni». La realtà invece è opposta e le esagerazioni ambientaliste rischiano di costare al pianeta più dell'industria e della tecnologia. Per esempio, per produrre energia attualmente utilizziamo lo 0,5% della superficie del pianeta, ma se volessimo ricorrere solo a energie rinnovabili dovremmo sfruttarne il 50%. Oppure, nutrirsi unicamente di cibo bio e carne bovina ruspante richiederebbe l'impiego del 20% in più dell'attuale superficie dedicata allo scopo e produrrebbe il 300% in più di emissioni inquinanti. Non solo: più densità di potenza hanno città, centrali e allevamenti, meno si inquina, perché «è di schiacciante evidenza che la nostra civiltà ad alta energia è migliore per le persone e per la natura rispetto alla civiltà a bassa energia a cui gli allarmisti del clima vorrebbero farci tornare». Shellenberger sostiene quello che anche noi di Libero affermiamo da tempo: i media stanno creando un clima d'ansia, depressione e ostilità verso la civiltà moderna che ha frenato lo slancio dell'economia proprio mentre questa stava riducendo la povertà nel mondo, facendo svoltare invece il pianeta verso una nuova era oscurantista e di decrescita. In nome del progresso, stiamo regredendo. «Per salvare quattro gorilla, abbiamo ucciso 250 elefanti» chiosa lo scienziato a proposito della recente battaglia animalista nel Congo. 

 

 

L'eroe dell'Ambiente del 2008 non è il solo pentito. Patrick Moore, uno dei fondatori di Greenpeace, ha lasciato l'associazione e scritto un libro, L'ambientalista ragionevole, dove accusa i suoi ex colleghi di essere «anti-umanità, anti-scienza e anti-industria senza però avere un modello alternativo da proporre». A gennaio, Libero riprese la lettera che ottanta studiosi di tutto il mondo fecero contro i deliri gretini accusando l'ambientalismo di fare affari con la scusa della protezione della Terra e la politica e le Nazioni Unite di dare più ascolto a una bambina che alla maggior parte degli accademici. Intervistammo il geologo Uberto Crescenti, il climatologo Nicola Scafetta e il chimico Francesco Battaglia i quali ci dissero che non sono provabili collegamenti tra l'aumento delle temperature e l'inquinamento e che in tempi anche recenti la terra era molto più calda di oggi, l'Adriatico era più basso di cento metri e in Inghilterra vivevano scimmie e leoni. Denunciarono il tentativo di sfruttare la paura del clima per imporre un nuovo modello economico e dissero chiaramente che gli studi sull'ambiente dell'Onu che prevedono un futuro catastrofico non hanno validità scientifica, rimproverando alla comunità internazionale di finanziare solo progetti tesi a ingigantire l'effetto del comportamento umano sulle temperature.

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