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Luca Palamara, Filippo Facci: "Cosa c'è dietro all'espulsione", scomoda verità sulla magistratura

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«Qual è la notizia?», «Hanno espulso Palamara dal sindacato unico, come si chiama, l'Associazione magistrati», «Ma no, figurati, quello si sa, l'espulsione è del 20 giugno», «Ma lui aveva fatto ricorso», «Appunto: ieri l'hanno respinto»; «Chi l'ha respinto?»; «L'assemblea dell'Associazione magistrati», «Ah, capirai», «Forse la notizia è quella che per il suo processo disciplinare, quello al Csm, lui aveva chiesto la convocazione di 133 testimoni ma gliene hanno accettati solo 6», «Ma no, pure quello è sui giornali dell'altro ieri», «E allora qual è la notizia?». La notizia è che le notizie, a forza di diluirle e spezzettarle con aggiornamenti continui, si perdono e vengono a noia: il famoso «quadro d'insieme» va a ramengo.

 

 

La vera notizia, quindi, è di ieri, di domani, perché è di questo tempo della storia italiana: non ha scadenza. È questa: la magistratura è uno strapotere che non rende conto a nessuno e che non lo farà neanche stavolta; la notizia (di ieri) è che hanno fatto fuori un singolo e indifendibile magistrato per non far esplodere ulteriormente lo scandalo della magistratura italiana; l'hanno fatto fuori dall'Associazione magistrati (sindacato unico, come nelle dittature) di cui lo stesso Palamara è stato il più giovane presidente dal 2008 al 2012 (a 39 anni) e peraltro l'hanno fatto fuori nonostante non sia stato ancora processato: né sotto il grottesco profilo disciplinare (al Csm) né al processo dove è indagato per corruzione (a Perugia) e in cui non è neppure imputato: hanno solo chiesto il rinvio a giudizio. La notizia è che il corporativismo mafioso della magistratura italiana (ripetiamo: mafioso, come metodo, come omertà) è più potente di qualsiasi politica vecchia e nuova, dei prima o seconda o terza Repubblica, perché sotto la giurisdizione della magistratura c'è tutto, al di sopra non c'è nulla. Non viviamo propriamente in una democrazia, e non ci viviamo più da molto tempo: è sufficiente, come notizia? Serve un giorno particolare, per scriverlo?

COSA È ACCADUTO
Poi, se volete, parliamo della puntata di oggi, anche se nessuno di voi - come è giusto - ricorderà tutte le puntate precedenti, annegate nel tempo e nel Covid. Ecco qua: già espulso il 20 giugno, Palamara aveva fatto ricorso e ieri appunto l'hanno respinto. Ha solo ottenuto di essere ascoltato: «Il confronto con la politica sulle nomine è sempre esistito», ha detto, «e ribadisco che le decisioni devono essere rispettate. Ribadisco di non aver mai barattato la mia funzione. Auguro buon lavoro all'Anm nell'auspicio che torni ad essere la casa di tutti i magistrati». Bravo Palamara, che la terra ti sia lieve. Dopodiché l'impresario funebre, pardon, il presidente del sindacato delle toghe, Luca Poniz, ha chiuso gli interventi: «l'Anm a cui pensa Palamara non esiste più, e questo è un buon risultato». Poi ha fatto riferimento a un'intercettazione in cui lo stesso Palamara aveva detto che l'Anm non conta più nulla: «Se intendeva dire che, dopo di lui, l'Anm svolge un altro ruolo, non di autocollocazione, sono contento». L'ha detto senza ridere: ai funerali non sta bene). Palamara a dire il vero aveva detto anche altro, ieri: «Sono stato travolto, ma non sento di essere stato moralmente indegno. Fino al 2008 ho fatto lo scribacchino di atti, poi la mia posizione nella vita politico-associativa mi ha dato un altro ruolo. Ho vissuto un'altra vita, una vita di rappresentanza, se ho fatto bene o male non posso dirlo io».

IL MEDIATORE
Riassunto delle puntate precedenti: tra il 2019 e il 2020 si è lentamente saputo del ruolo di mediatore tra correnti della magistratura che Palamara orchestrava, dei metodi di assegnazione nell'assegnazione di incarichi di rilievo (tipo procuratore capo) e durante un'intervista spiegò testualmente: «Non ho inventato io le correnti. Essere identificato come male assoluto può fare comodo a qualcuno. Io mediavo tra le singole correnti dell'Anm. Non esisteva solo un Palamara, esistevano tanti mediatori. Mi chiamavano tantissime persone, avevo una funzione di rappresentanza, ero diventato una figura di riferimento tutti erano frutto di un accordo». E ancora: «I posti di procuratore capo sono posti di potere, è vero che il sistema delle correnti penalizza chi non vi appartiene: negare che le correnti siano una scorciatoia è una bugia Il politico dall'esterno non può incidere sui magistrati, ma questo sistema favorisce una commistione».

Tutte cose che in realtà avevamo già capito grazie alle intercettazioni del suo telefono col famoso sistema Trojan. Ma è lo scenario della magistratura di potere a essersi rivelato un troiaio, al punto che le inchieste hanno scosso anche il Csm e portato alle dimissioni di diversi consiglieri coinvolti. Poi c'è pure che Palamara è stato indagato perché avrebbe messo a disposizione il suo ruolo in cambio di viaggi e regali, ma tutto sommato è la parte che ci interessa meno. Dall'inchiesta viene fuori di tutto sul cuore della magistratura intesa come terzo potere che mette in ombra gli altri due, di tutto sui giornali trattati come cani da diporto: ed è stata pubblicata solo una parte delle intercettazioni. È tutta la magistratura che sembrava andare sotto processo, e che lo dovrebbe. Tutto un sistema bacato e irriformato. Ma la Sezione disciplinare del Csm, al processo-farsa che attende Palamara, ha ammesso solo 6 testi. Si profila la radiazione dell'ordine giudiziario, poi avanti tutti come prima. Cacciato un Palamara se ne fa un altro.

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