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Domenico Arcuri messo alle strette da Guido Rasi: "La strategia vaccinale va rivista, scordatevi l'immunità di gregge"

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Flop conclamato quello di Domenico Arcuri. Il commissario per l'emergenza coronavirus ha fallito anche nella gestione del piano vaccinale. "Di questo passo l'immunità di gregge l'Italia non la raggiungerà mai. La strategia vaccinale va completamente rivista", tuona Guido Rasi, ex presidente dell'Icmra, la coalizione che riunisce le autorità regolatorie del farmaco di tutto il mondo, fino a pochi mesi fa direttore esecutivo dell'Ema, l'agenzia europea del farmaco. Il nostro Paese non è attrezzato, avrebbe dovuto "diventare partner dei produttori che hanno le licenze" e nel contempo "investire nella ristrutturazione degli stabilimenti necessari per il processo produttivo". Un'azione che richiede comunque tempo. "Non è una cosa impossibile attrezzarsi - premette sulle colonne di Italia Oggi l'esperto - ma servono 4-5 mesi di tempo per farlo". Se poi si volesse addirittura produrre vaccini a Rna, allora le tempistiche si allungherebbero ulteriormente. Ma non c'è pericolo, Arcuri si vede bene dall'avviare una produzione tutta nostra. 

 

 

Così facendo - è il timore di Rasi - tra 6/8 mesi ci ritroveremo a dover fronteggiare la nuova annualità di vaccini, mentre scontiamo l'avanzata delle varianti del Covid". Dito puntato, oltre contro Arcuri, anche con il governo precedente. "L'italia poteva muoversi prima, almeno a novembre scorso, quando era chiaro in che situazione ci saremmo trovati". Ad oggi per poter superare l'ostacolo "serve un piano realistico e funzionale alla lotta all'epidemia, non un libro dei sogni".

 

 

Da qui la frecciata del medico a Giuseppe Conte, che aveva promesso l'immunità di gregge già dal prossimo autunno. Niente di più sbagliato, "di questo passo scordiamocela l'immunità di gregge, non ci arriveremo mai". Anche se con il nuovo governo e la scadenza del contratto di Arcuri a breve, non è così remota la possibilità che il commissario venga sostituito. A maggior ragione se il pressing arriva dai due Matteo: Salvini e Renzi.

 

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