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Alberto Zangrillo, lo schiaffo ai detrattori: "Virus clinicamente morto?", come ri-battezza il Covid

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Del "virus clinicamente morto" risalente al 31 maggio 2020 se n'è parlato in lungo e largo, anche a distanza di mesi. Quella frase di Alberto Zangrillo è infatti stata strumentalizzata dai suoi detrattori, che non hanno capito - o hanno fatto finta di non capire - che si basava sull'esperienza diretta del professore, che all'epoca vedeva i reparti Covid dell'ospedale San Raffaele di Milano praticamente vuoti. 

 

 

A distanza di poco più di un anno, l'Italia si ritrova in una situazione epidemiologica simile, con la pressione ospedaliera che si è ridotta al minimo così come la gravità della malattia. A differenza di un anno fa, però, stavolta c'è la campagna di vaccinazione in corso, che servirà per evitare un nuovo autunno da incubo con il Covid: non a caso per settembre l'obiettivo del commissario Figliuolo è di arrivare attorno al 70-80 per cento di italiani vaccinati. Ospite di Un giorno da pecora, Zangrillo è tornato su quella frase del virus che, dal punto di vista clinico, "non esiste più". 

 

 

"La traduzione era volutamente di parte e maliziosa, non rinnego nulla", ha dichiarato Zangrillo ai microfoni di Rai Radio 1. "Il virus esiste - ha aggiunto - come esistono altri centinaia di virus. Stiamo cercando questo e troviamo questo, se ne cercassimo altri ne troveremmo altri. Dobbiamo affrontare il virus con intelligenza, evitando di fare le Cassandre e gli indovini". Ma ora il virus esiste? "Se riteniamo che ci possa essere un'equivalenza tra 'clinicamente non esiste più' e gli accessi in pronto soccorso, vi dico che fino a poco fa il pronto soccorso del mio ospedale era pieno di pazienti, ma non con insufficienza respiratoria da Sars-Cov-2. Questo per me vuol dire che il virus è clinicamente... in letargo. Vogliamo dire così? Può darsi che si risvegli? Speriamo di no". 

 

 

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