Ddl Zan e la piaga della propaganda bugiarda: silenziate tutte le motivazioni che denunciano la pericolosità della normativa
Una legge è buona o cattiva per quel che dice, non per quel che se ne dice. Ma quando le ragioni poste a sostegno di una legge sono menzognere, e quando è menzognero il modo con cui si contestano le ragioni contrarie, allora c'è almeno un indizio che sia pessima la legge di cui si discute. È il caso del ddl Zan, quello contro «i crimini d'odio». Perché tutta la propaganda rivolta all'approvazione senza condizioni dique sta presunta legge "di civiltà" è incardinata sulla doppia slealtà con cui per un verso si attribuiscono ai contrari ragioni che essi non impugnano, e per altro verso si sottacciono quelle che essi invece tentano di affermare. Funziona già abbastanza bene il primo modulo contraffattorio, quello per cui chi avversa il ddl Zan lavora in realtà per mandare impunito il pestaggio omofobo e per lasciar correre il dileggio di trans e bisessuali: e così la coppietta gay insultata per strada oil politico che metterebbe nel forno il figlio fr**o vanno diretti sul conto delle responsabilità di chi non vuole questa legge, come se essere contrari al taglio della mano del ladro significasse desiderare la legalizzazione il furto.
Ma anche più inaccettabile è la seconda piega di questa propaganda bugiarda, vale a dire la censura delle motivazioni profonde che denunciano la pericolosità eversiva e autoritaria di quell'ignominia normativa. Scoccia, a questi sconsiderati, che l'opinione pubblica sappia che questa legge vorrebbe incivilire la società affidando al legislatore ordinario il rimaneggiamento di principi costituzionali che sono sottratti all'intervento delle maggioranze ballerine: oggi quella che ci spiega cos' è la libertà di espressione del pensiero; domani - chissà - quella che ci spiega cos' è l'inviolabilità del domicilio, magari con un ddl del ministro della Delazione controlla il numero degli ospiti a cena.
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E non è ridacchiando che facciamo questo esempio, perché si tratta esattamente del modo di procedere del legislatore "antiomofobo", che fa carne di porco del principio costituzionale di cui straparla quando assoggetta a «purché» la libertà di parola e le «condotte legittime», santissimo cielo, con tanta galera democratica se un magistrato decide che la licenziata ha perso il lavoro perché era lesbica anziché oca, oche il responsabile del pestaggio non era un semplice teppista ma uno che fa battutacce sul matrimonio omosessuale. Ma di queste plateali insensatezze è proibito parlare.