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Michela Murgia, "come è possibile?": cosa spunta dal suo passato e dal suo curriculum. Qualcosa non torna

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Tutto quello che tocca Michela Murgia è oro. La scrittrice, oltre che essere tale, è anche "una notevole intellettuale di lotta, di festival, di palco e di talk show". È questo il ritratto che il Giornale le dedica spiegando che "se non fosse sarda, no logo, struccata, cattolica e così di sinistra, la Murgia sarebbe Chiara Ferragni". Proprio così perchè la più tendenziosa tra le intellettuali eccelle in tutto.

 

 

Dove? Semplice: "Nei romanzi, nel giornalismo, nella conduzione delle trasmissioni tv, nel presenzialismo ai festival se non c'è la Murgia in programma, non stampano neanche le shopping bags nel suo esser blogger, drammaturga, critica letteraria e opinionista" prosegue il quotidiano. Ma soprattutto c'è una cosa che le riesce proprio bene ed è l'essere di parte. Insomma, "un meraviglioso esempio di come se non hai idee su come allargare la facoltà di parola, ne trovi sempre di ottime per limitare quella degli altri".

 



Ma soprattutto c'è qualcosa che proprio non torna nel passato e nell'attuale curriculum della Murgia. Il Giornale infatti si chiede come mai "una donna fieramente indipendente e ancor di più indipendentista (sulla Sardegna è più sovranista di Salvini sulla Padania), che ha frequentato l'istituto tecnico industriale e ha cominciato a lavorare in un call center, così nobilmente identitaria e fedele ai propri principi di lotta di classe, si presti a lavorare per gruppi industriali (Gedi, che fa capo alla famiglia Agnelli-Elkann) e gruppi editoriali (la Einaudi-Mondadori di Berlusconi) che sono tanto lontani dai suoi principi ideali e morali". A saperlo. Forse per la stessa motivazione che muove il mondo.

 

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