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Alessandra Gracis, "perché la comunità omosessuale mi odia": l'avvocato-trans che demolisce sinistra e femministe

Gianluca Veneziani
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Alessandra Gracis, all'anagrafe ancora Alessandro, è un avvocato transessuale che nel 2012 ha cambiato sesso chirurgicamente, diventando donna. Oggi si batte per i diritti delle persone affette come lei da disforia di genere, manifestando posizioni opposte a quelle delle associazioni Lgbt.

Gracis, la senatrice forzista Papatheu ha proposto un emendamento (poi ritirato) alla finanziaria per stanziare 15 milioni per le persone che vogliono cambiare sesso. Perché sarebbe una misura di civiltà?
«Perché è una misura prevista dall'articolo 2 della Costituzione, che tutela i diritti fondamentali delle persone. Leggo molto ciarpame contro la richiesta di chi vuole avere una prestazione sanitaria decorosa per un trattamento psicologico, endocrinologico e chirurgico di rettificazione delle caratteristiche sessuali. Le persone trans che ricorrono all'operazione non lo fanno per un capriccio, un vezzo o una forma di narcisismo, ma perché portatrici di una forma di incongruenza, che un tempo si definiva disturbo dell'identità di genere e oggi è chiamata disforia di genere e comunque per la scienza è una patologia psichiatrica. Questi individui non hanno in mente un genere liquido, ma sentono di non essere a loro agio nel corpo in cui la natura li ha collocati. Ne soffrono al punto che molti di loro sono tentati dal suicidio. Non si tratta perciò di sesso fluido, frontiere mobili o sfizi personali, ma di un'esigenza di vita e di morte. Che sfocia nella necessità di un intervento medicale. Un'esigenza suffragata anche dalla legge ordinaria, la 164 del 1982, e da due sentenze del 2015, della Cassazione e della Corte Costituzionale».

Quali sono i rischi di operarsi in Italia senza che la sanità pubblica stanzi fondi e preveda una formazione specifica per questi interventi?
«Io, da avvocato, assisto persone che sono state sfregiate dopo operazioni fatte male. Questi interventi richiedono molte competenze di nicchia, dall'urologia alla ginecologia alla chirurgia generale, fino all'endocrinologia e all'estetica. In Italia tali professionalità mancano, con conseguente carneficina al momento dell'operazione. Affrontare questa chirurgia con superficialità costa alla sanità pubblica milioni di euro sia per i risarcimenti dovuti a chi subisce danni sia per le nuove operazioni cui queste persone devono poi sottoporsi. Mancando strutture specifiche, ogni anno in Italia avvengono solo un centinaio di interventi di transizione sessuale, mentre più di cento italiani vanno a farli all'estero. Ed è una vergogna per uno Stato di diritto mandare un proprio cittadino a ricevere prestazioni sanitarie oltreconfine. E poi: creando un centro di eccellenza in Italia, potremmo attirare cittadini stranieri per queste operazioni, finanziando la nostra sanità. A mio avviso sarebbe perciò urgente creare un unico centro nazionale, e di livello, in quest' ambito».

Se la disforia è una patologia, l'ideologia gender, che riduce l'identità sessuale a mera percezione, è basata su fondamenti errati?
«La persona che soffre di disforia di genere non si sente mezzo uomo e mezza donna, ma si sente dell'altro sesso, opposto a quello biologico. Non esiste perciò un terzo genere. Da giurista, so che tutta la legge positiva è fondata sul binarismo, cioè sull'appartenenza al sesso o maschile o femminile: non c'è un sesso neutro. A me interessano le persone realmente affette da un'incongruenza tra identità sessuale e sesso biologico, non quelle che pensano di poter transitare da qui a là a giorni alterni».

Il ddl Zan è cascato sull'introduzione giuridica della fluidità di genere?
«Il testo era scritto in maniera inaccettabile: inseriva sanzioni penali in assenza di chiarezza e semplicità. Si presentava come un mostro giuridico, un guazzabuglio di ideologie. Sarebbe sufficiente invece creare una norma che consenta la difesa dei diritti fondamentali della persona, con una sanzione per chi li metta a rischio».

Il mondo Lgbt ci marcia sulle pretese legittime di chi "deve" cambiare sesso?
«Secondo lei la sguaiatezza di alcune manifestazioni giova o nuoce alle persone trans che provano a recuperare un profilo di normalità? Personaggi come Efe Bal mortificano i trans: il loro cliché continua a essere quello di individui trasgressivi, quando invece decine di persone trans sono il contrario. Penso anche ai Gay Pride, manifestazioni di folklore il cui impatto può essere turbante: dovrebbero abbassare i toni perché non rappresentano una parte importante delle persone trans che vogliono essere invisibili».

Per le sue tesi eterodosse com' è giudicata dalla comunità Lgbt?
«Io sono odiata dalle associazioni Lgbt, perché sto provando a dare voce in modo non ideologico e anticonformista alle persone con disforia del genere. In realtà siamo una minoranza discriminata anche dalle femministe».

Perché le femministe?
«Perché sosteniamo la linea dell'organizzazione mondiale di atletica leggera, secondo cui è possibile per un atleta trans, esibendo un certificato anagrafico, partecipare alle competizioni dell'altro sesso, pur in assenza di un avvenuto completamento della transizione. Le femministe vedono con preoccupazione questa irruzione di atleti trans passati dal sesso maschile a quello femminile, che finiscono per vincere le competizioni».

Esiste davvero in Italia un allarme omotransfobia?
«Io non ho avuto una percezione negativa della mia sessualità da parte della gente comune. C'è invece un pregiudizio della politica, di destra e sinistra. Ed è il colmo che sia il senatore Carlo Giovanardi l'unico a darmi un po' di ascolto».

Lei è contraria all'utero in affitto?
«Sì, è una bestialità, una devianza, una pratica ripugnante, di cui si approfittano i ricchi. È mortificante per i bambini nati e per le donne sfruttate come macchine».

Che pensa delle nozze gay?
«Io sono ortodossa: la Costituzione prevede il matrimonio tra uomo e donna. Per le coppie gay ci sono le unioni civili».

Lei preferisce essere chiamata avvocato o avvocatessa?
«È una disputa linguistica che non mi appassiona. Io mi faccio chiamare avvocato. Bisogna andare alla sostanza, il resto è retorica ideologica». 

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