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Miss Italia, Zeudi di Palma sotterra Roberto Saviano: "Perché il suo racconto mi irrita"

Giovanni Sallusti
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La neoeletta Miss Italia contro la starlette dell'Antimafia, nel senso di Sciascia, l'Antimafia come sistema e conformismo politico-culturale. Messo così, il confronto tra la ventenne Zeudi Di Palma e Roberto Saviano rischia di apparire offensivo per uno dei due. Per la giovane napoletana, ovviamente. Essì, perché Zeudi, che ha trionfato in diretta streaming sulla piattaforma Helbiz Live (da quando imperversa il bigottismo sessuofobo politicamente corretto la Rai ha bandito la kermesse), ha anche dato una lezione di rigore e di analisi al guru, sulle stesse colonne da cui costui è avvezzo sermoneggiare, quelle del Corriere della Sera.

 

 

 

CRITICA FILOLOGICA

Intervistata a ruota della vittoria, la ragazza nata a Scampia e iscritta a Sociologia a Napoli alla domanda «Hai visto Gomorra?» risponde come segue. «No, mai. Forse per un quarto d'ora una volta. Dà un'immagine di Scampia che non riconosco. Non mi interessa vederlo. Scampia è una realtà degradata, ma ci sono tanti ragazzi che vogliono emergere e vogliono emanciparsi». Un piccolo capolavoro di critica filologica, una pillola di quell'arte della stroncatura che tanti soloni più titolati di Zeudi non sanno più praticare. Anzitutto, quel «No, mai. Forse per un quarto d'ora una volta»: sublime, una postilla che relativizza l'oggetto del contendere; massì, ci sarò incappata facendo zapping, non ricordo bene, del resto non stiamo parlando dei Fratelli Karamazov. Poi, lo smascheramento del grande inganno, o della supercazzola savianesca, il "romanzo non-fiction", una via ibrida che non esiste. C'è la realtà, e c'è la sua stilizzazione letteraria: tertium non datur. E Gomorra cade nella seconda fattispecie, «dà un'immagine» in cui Zeudi non «si riconosce» (lei che vive lì, e non in un attico), è resoconto parziale in bilico sulla caricatura, racconta il verminaio ma non chi combatte per «emergere» da esso, e magari pure ci riesce. «I ragazzi qui fanno il doppio della fatica per emanciparsi da certi contesti e proprio per questo lo Stato dovrebbe essere più presente per aiutarli. Vale perle realtà più complicate, non solo per la nostra». L'inferno specifico di Gomorra è faccenda commerciale e televisiva, è un format utile a vendere il prodotto imbastito da Saviano (o da chi per lui, stante la condanna definitiva per plagio nei confronti di alcuni cronisti locali). La realtà di Scampia è la realtà diffusa, "complicata", compromessa, paracriminale ma anche foriera di grandi scatti individuali che è in fondo un tutt'uno con l'atavica questione meridionale. Va giù ancora più dura su Repubblica, la Miss. A domanda analoga a proposito della serie, quasi si lascia andare, col giornale che è anche l'ex pulpito dello scrittore: «Non so, non l'ho mai vista, mi irriterebbe guardarla perché dà un'immagine di Scampia avulsa dalla realtà, non è il mio quartiere quello nella fiction». Non solo non si ritrova nel bozzetto di Saviano, ma la "irrita". L'ennesimo sparamento, l'ennesima spedizione punitiva, l'ennesima esecuzione, sono probabilmente per Zeudi e per i ragazzi come lei altrettante ferite dell'anima, altrettanti macigni sul tentativo di affrancamento, o anche solo di sopravvivenza quotidiana. Che poi è quella che fa la differenza, molto più della retorica Antimafiosa dal divano di Fabio Fazio. Con le parole di Zeudi: «Non ho avuto una vita semplice come tanti ragazzi di Scampia: vengo da famiglia modesta, mio padre non c'è mai stato, mia madre ha fatto mille lavori e sacrifici per crescere tre figli e noi fratelli ci siamo aiutati tanto. Vivo in un contesto complicato, ora sono qui, ho vinto. Ho avuto modo di comprendere il mio vissuto, è fondamentale aiutare gli altri perché quando vivi e soffri per certe cose sviluppi una grande sensibilità».

 

 

 

VIVERE E SOFFRIRE

Vivere e soffrire: non è fiction, né docu-fiction, né «non-fiction novel» (altro nonsense savianesco), è l'esistenza. Sì, Zeudi, hai vinto. 

 

 

 

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