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Generale Mini, il sospetto: "Cosa ci nascondono", la disfatta di Zelensky

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Severodonetsk come Mariupol. Secondo il generale Fabio Mini la fuga delle truppe ucraine nell'area "viene spacciata per una normale manovra diretta dallo stato maggiore ucraino". Eppure secondo il già comandante della missione KFOR in Kosovo "le fonti russe raccontano un'altra storia: nell'area del 'calderone' non tutti sono riusciti a ritirarsi o fuggire". Stando ai numeri snocciolati da Mini sulle colonne del Fatto Quotidiano, solo nell'area a sud di Lisichansk sarebbero stati circondati quasi duemila combattenti ucraini.

 

 

Qui, nel Donbass, per il generale "lo sviluppo tattico è falsato". A suo dire "la logica dei combattenti regolari è diversa da quella degli irregolari. Mentre i primi hanno comandanti che valutano opportunità e rischi e si preoccupano di minimizzare le perdite e conservare le risorse, i secondi hanno comandanti che tendono a salvare la pelle massimizzando i danni per l'avversario e i non combattenti". E nella regione contesa tra il governo ucraino e i separatisti i centri urbani sono controllati proprio dalle milizie. 

 

 

"Le milizie ucraine - prosegue - considerano la popolazione del Donbass come non ucraina e quindi spendibile sia come scudi sia come vittime designate. Le milizie repubblicane di Donetsk e Lugansk pur combattendo in casa propria danno la priorità alla eliminazione dei combattenti di Kiev, anche a costo di sacrificare la propria gente". Per questo Mini non esclude che ci possano essere altre Mariupol e Severodonetsk. Ma, ricorda in conclusione, "con la guerra in corso la strada verso la libertà e l'Ucraina rischiano di farsi sempre più strette". Secondo il generale, infatti, "Zelensky celebra trionfalmente la candidatura all'Unione europea, che sarebbe potuta avvenire già sei mesi fa con il solo negoziato". 

 

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