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Bruno Vespa, "chi voleva uccidermi"

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Hanno cercato di uccidere Bruno Vespa. La rivelazione arriva dallo stesso conduttore di Porta a porta, che in una lunga intervista sul Corriere della Sera ripercorre la ormai sua lunghissima carriera, tutta interna alla Rai.

Iniziata sessant'anni fa e segnata da molte tensioni con i big della politica italiana anche a causa, spiega il giornalista, del suo "carattere fumantino": "Fino al '76, mi fu vietato di avvicinarmi alla Dc per paura di grane", ricorda smentendo la vulgata della sinistra che lo indicava come "la voce della Democrazia cristiana". Ma è nel 1978, nel drammatico frangente dell'omicidio di Aldo Moro a opera delle Brigate rosse che cambia tutto, per Vespa e per l'Italia. 

 

 

 

"Non ci volevo credere: era impensabile che qualcuno avesse fatto violenza a quell'uomo intangibile e l'avesse ucciso. Rimasi in onda dalle 9,30 del mattino alle due di notte. Anche il Pci ci riconobbe il merito di aver tenuto insieme l'Italia. Ugo La Malfa e Giorgio Almirante volevano la pena di morte per i terroristi, ma demmo la sensazione che il Paese tenesse e invece, purtroppo, al vertice, non teneva affatto". Nessuno, spiega Vespa, gli aveva dettato la linea da tenere: "Ero solo in studio. Mi venne spontanea, mi presi una responsabilità enorme, poi, condivisa col direttore".

 

 

 

 

Quindi l'aneddoto, inedito e impressionante: "Non l'ho mai raccontato, ma ci fu un episodio negli anni '80... Tornavo a casa, pioveva e lasciai l'auto al portiere per portarla in garage. Molto tempo dopo, lui mi confessò d'aver visto due uomini armati, uno aveva detto: non è lui. Il padreterno mi ha messo mano sulla spalla".

 

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