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Se la gente non affolla il Metaverso

Scena da Metaverso

Lo strano caso del social

Francesco Specchia
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All’ apparenza l’emozione doveva essere una scossa al sistema nervoso del pianeta.

 C’era questa cosa pazzesca della sventagliata di avatar che invadono infiniti universi, col tuo corpo astrale che osserva quello fisico mentre indossa un visore 3D e dal divano si muove come una marionetta ubriaca.

Insomma accendere il fenomeno “Metaverso” era un po’ come aprire i mondi paralleli (meno distopici, però) del film Ready Player One di Spielberg a quelli dei romanzi di William Gibson anni 80 e dei fumetti di Nathan Never; e mescolarli alle terre emerse di Second Life, che giusto una ventina d’anni fa, però, sprofondarono nell’oblio degli utenti alla Borsa di Wall Street. E l’intera editoria,  e tutta la truppa esaltante dei media era lì sfornare articoli e libri sui nuovi “ambienti immersivi”, Decentraland, The Sandbox, soprattutto Horizon Worlds di Mark Zuckerberg patron di Facebook che solo nell’ultimo anno ci aveva investito 10 miliardi di dollari. Su tutta la pubblicistica svettava poi il best seller di Matthew Ball Metaverso – Cosa significa, chi lo controllerà e perché sta rivoluzionando le nostre vite (in Italia da Garzanti, pp 450, euro 20). Ball, in effetti ha scritto il testo di riferimento assoluto, la Bibbia della materia. Per lui il Metaverso è ““una rete massiccia e interoperabile di mondi virtuali 3d con rendering in tempo reale che possono essere vissuti in modo sincrono e persistente da un numero effettivamente illimitato di utenti con un senso di presenza individuale e con continuità di dati quali identità, storia, diritti, oggetti, comunicazioni e pagamenti”. Cioè, dietro tutto questo c’è dietro tutt’un’ontologia: non solo una sarabanda di visori, smart watches, cuffie, tute atipiche, computer montati dappertutto, bensì una tecnologia pervasiva che cambierà le nostre stesse vite. Servizi commerciali e assicurativi, applicazioni in realtà virtuale di telemedicina e ingegneria, frontiere infinite per la convegnistica a distanza e i videogames: il Metaverso, insomma, sarebbe diventato, in un batter di ciglia e di chip, il paradiso delle prossime generazioni, la vera vita parallele a quella del pianeta.

Questo fino a quando non si è scoperto che non ci andava nessuno (o quasi). Secondo inchieste del Post e del New York Times Horizon Worlds cresce a un ritmo molto più basso delle previsioni con circa 300mila nuovi utenti al mese. Cifre più basse delle stime iniziali, che hanno innescato polemiche e perplessità: il minimo era 500mila. Inoltre secondo i dati diffusi da DappRadar (servizio web che analizza l’utilizzo delle più popolari cripto-piattaforme), nella giornata del 10 ottobre Decentraland ha avuto 535 utenti attivi mentre The Sandbox, nella stessa giornata,è arrivato a 619 . Nel corso degli ultimi 30 giorni, questi numeri si fermano rispettivamente a 6.160 e 10.190. Il Metaverso è stato apostrofato come “un mondo triste e vuoto”. Il che ha provocato in borsa un inevitabile effetto a catena. Nell’anno successivo alla nascita di Meta (un nuovo nome attribuito da Zuckerberg tra i suoi possedimenti), il suo valore è diminuito di quasi il 70%. Da oltre un trilione di dollari a meno di 300 miliardi, la stessa cifra valeva Facebook nel 2016. Si è calcolato che proprio il Metaverso abbia bruciato 9,4miliardi.  Ball sostiene che il Metaverso è sì, una figata ma non funzionerà prima di tre/dieci anni, il tempo giusto per un paio di fallimenti.

La verità vera è un afflato filosofico: in una realtà quasi senza più anima, decidere di vivere una vita sintetica significa rifiutare anche gli ultimi brandelli di umanità. E la scelta di Matrix: consumarti nei tuoi sogni attaccato a una macchina mentre fuori il tuo corpo avvizzisce, o affrontare gli alti e i bassi di un’esistenza sghemba (ma che puoi assaporare, nel bene e nel male, senza finzione o intermediari)? La risposta, più che il mercato, la stanno dando gli utenti…

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