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Roberto Saviano, schiaffo a Salvini e Meloni: ecco chi lo difende

 Roberto Saviano

Antonio Rapisarda
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Il titolone de La Stampa di ieri non poteva lasciare indifferenti: «God save Saviano». Proprio così: Dio salvi "sua maestà" Roberto Saviano. Firmato: The Guardian. Ossia: l'intera redazione e la proprietà del popolare quotidiano inglese. Che cosa sarà accaduto di così grave per lui - addirittura oltre la Manica - tanto da scalzare dall'inno monarchico Re Carlo III? Basta scorrere le prime righe, anche solo il sommario dell'edizione inglese, ed è subito svelato l'arcano: «La prepotenza di Giorgia Meloni e Matteo Salvini nei confronti di uno degli scrittori più stimati d'Italia è un attacco alla libertà di stampa».

Ecco: si tratta "solo" del soccorso della stampa radical-chic di sua maestà al piagnisteo dello scrittore finito sotto processo per diffamazione per aver apostrofato come «bastardi» nel 2020 gli allora membri dell'opposizione Meloni e Salvini, in riferimento alle loro posizioni sull'immigrazione clandestina.

 

 

IL TABLOID LIBERAL - È questo il succo dell'editoriale di sei giorni fa del tabloid liberal inglese ripreso con enfasi da Saviano stesso («Il Guardian, senza mezzi termini, definisce questi ministri bulli e indegni») e ieri dal quotidiano torinese, fra i più accaniti contro il nuovo governo. In un'intervista sul Domani lo scrittore stesso, poi, gonfiava il petto ricordando la campagna in suo favore: «Basta vedere l'attenzione che all'estero danno al processo che mi vede imputato. Sul Guardian hanno pubblicato ben tre articoli solo nell'ultima settimana e questo Governo non ne esce bene».

Caspita: ben tre articolesse sul caso che a suo avviso meriterebbe di diventare, ben più che la querelle con la Francia su Ocean Viking, una questione di Stato.
L'editoriale "collettivo", in effetti, sposa in toto la tesi vittimistica dell'autore di Gomorra apostrofando malamente «lo spettacolo dei politici italiani più potenti che si coalizzano in questo modo per intimidire uno scrittore». Ma al di là del merito - ossia che nonostante la "licenza poetica" che Saviano si è concesso da solo («Sento di aver speso parole perfino troppo prudenti») contro i leader del centrodestra, non si è trattato né di un'inchiesta né di una critica ma di un insulto per cui è finito imputato - in questa vicenda del Guardian c'è qualche "dettaglio" da far notare.

 

 

Ad esempio che proprio Roberto Saviano è un collaboratore storico del Guardian. Giornale che, alla faccia dell'approccio british, ha come missione quella di «sfidare le destre e i populisti». Insomma, un giornale militante non la stampa internazionale in difesa di una sua firma. Tutto legittimo ma nulla di nuovo. E non finisce qui. Perché - come ha scovato Luca Maurelli sul Secolo d'Italia - ci sarebbe anche una questione di inopportunità, per non dire di velato conflitto di interessi, nella difesa del Saviano nazionale. Ci riferiamo a uno dei giornalisti schierati con Roberto: Lorenzo Tondo, corrispondente italiano del Guardian nonché autore di uno degli articoli "pro-Saviano" e anti-Meloni, pubblicato giusto il 15 novembre. Non solo.

COLLABORAZIONE - Sempre Tondo - che su Twitter nel 2018 si avventurava con l'hastag #Savianononsitocca paragonando le fantomatiche «minacce» di Salvini allo scrittore addirittura a quelle della camorra - è autore di servizi a quattro mani con Saviano. Dove? Sul Guardian, ovviamente. Il 16 ottobre 2021 sul Guardian è apparsa una lunga intervista di Lorenzo Tondo a Saviano. E sempre Tondo è autore di libri dal taglio immigrazionista che portano la prefazione-indovinate di chi? - di Saviano stesso. Stesso giornale, stesse firme, stessa "barricata" ideologica contro i medesimi nemici politici. Che strano, il caso... 

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