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Vittorio Feltri: "Le nostre città in mano agli sbandati. Colpa della sinistra"

Vittorio Feltri
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Abitando non lontano dalla stazione Centrale di Milano, ammetto che mi ha sconvolto quanto è accaduto domenica sera, intorno alla mezzanotte, quando un uomo di 57 anni è stato accoltellato senza alcun motivo mentre apriva il portellone dell'auto per prendere qualcosa. La figlia era in macchina e ha avuto la prontezza di fotografare l'aggressore, il quale ha conficcato una lama nel gluteo della vittima come se stesse infilando un forcone nel pollo allo spiedo, senza che questi lo abbia provocato minimamente e senza l'intenzione neppure di derubare il ferito. La motivazione di un simile gesto è da ricercare unicamente nel desiderio di colpire, magari ammazzandolo, chiunque capiti sotto tiro, allo scopo di sfogare con urgenza frustrazione, rabbia, brutalità. Stavolta il malcapitato è stato questo signore, la prossima volta toccherà a qualcun altro. Eppure siamo nel cuore della metropoli, non in una periferia abbandonata, non presidiata, non controllata. Di notte e di giorno le forze di polizia vigilano, sia in divisa che in borghese. Tuttavia, avvengono fatti di questo tipo, insieme a furti, scippi, violenze di ogni genere, tanto che prima di recarsi in stazione per prendere un treno occorre farsi il segno della croce e rivolgere una preghiera a Dio.

 

 

So che sto rischiando l'accusa di razzismo, fascismo, squadrismo, incriminazioni che ricevo ogni giorno, pure da colleghi, anzi soprattutto da questi, eppure non posso esimermi dal rilevare che ormai la città di Milano è in mano a bande di extracomunitari, accolti e gettati sulla strada da una sinistra buonista che, avendo tenuto in mano le redini del Paese negli ultimi dieci anni, ne ha compiuti di danni, molti dei quali temo irreparabili. Del resto incamerare per lustri una media giornaliera, in certi periodi, di oltre mille clandestini non produce nulla di buono, né per noi né per loro, ovvero né per chi accoglie né per chi viene accolto, che di norma finisce con il condurre una esistenza di stenti sul marciapiede, campando come può, delinquendo quando può, magari con un foglio di via in tasca che resta lettera morta, poiché facile è entrare in Italia, o almeno lo è stato e per troppo tempo, difficile è uscire, ossia essere espulso. L'espulsione resta un intimo auspicio dello Stato più che un provvedimento effettivo ed efficace che costringa chi non ha diritto di rimanere a tornare nel proprio Paese.

 


Ho l'impressione che stiamo vedendo i frutti amari di una politica sconclusionata, ipocrita, inconcludente, moralista, superficiale, portata avanti senza amor di patria, poco lungimirante, una politica di cui gli italiani si sono scocciati e che hanno addirittura comprensibilmente preso in odio, come hanno dimostrato le ultime Politiche che hanno segnato la sconfitta di quel ceto progressista cui fa schifo il popolo che pure avrebbe dovuto servire. Dalle urne il fallimento della sinistra e della sua doppiezza, o ambiguità, prosegue ora nelle aule giudiziarie, mediante quelle inchieste che ci mostrano quanta poca bontà e quanto interesse ci siano stati nelle cause che hanno rappresentato il vessillo dei radical-chic. Tiriamo tutti un sospiro di sollievo adesso che comincia a essere scardinato un sistema fondato sulla menzogna. Tuttavia permane la preoccupazione per le conseguenze derivanti da una pessima gestione della Nazione protrattasi a lungo, conseguenze che determinano pure questo, ossia che un padre di famiglia, a casa sua, nella sua città, in centro, mentre si trova con la figlia, possa essere accoltellato senza alcun movente da un tizio che dovrebbe trovarsi in Africa, non di sicuro a Milano. La sinistra per una leggera pacca sul culo si indigna e gode per una sentenza di condanna a quasi due annidi detenzione inflitta a un pover'uomo. Davanti a una coltellata al culo, invece, fa finta di niente, perché il carnefice è immigrato. Due pesi e due misure. Due culi e due reazioni diverse.

 

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