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Marco Travaglio mette in scena il suo amore per Giuseppe Conte

Luca Beatrice
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Anche se rispolvera il vecchio Enzo Jannacci di Quelli che... Marco Travaglio è un sorcino doc e proprio come il suo idolo Renato Zero non si risparmia sul palco, parlando tre ore filate senza interruzioni nell’ultimo spettacolo I migliori danni della nostra vita che fin dal titolo cita Renatone nostro. La forma è quella ibrida già collaudata in altri “live”, giornalismo di inchiesta adattato a format per il teatro. Chi sceglie tale strada ha un nume tutelare, Giorgio Gaber, scomparso vent’anni. Con una differenza, Gaber metteva l’ironia, il sarcasmo, la cattiveriasoprattutto verso se stesso, era capace di vedere il male del mondo senza mai dimenticare le proprie aberrazioni quotidiane. Per Travaglio invece sono tutti colpevoli tranne se medesimo e quei pochi (ma sono davvero pochi) destinati a salvarsi dal mare di palta che ci sta sommergendo.

Torinese, salesiano, primo della classe, Travaglio ha un’irresistibile dote per i suoi concittadini: è anti-empatico, nel senso che non ha nessuna intenzione di mettersi nei panni degli altri. Chi come me è nato nella sua stessa città capisce bene cosa sto dicendo e lo considera un valore positivo; sulla torinesità odiosetta Travaglio ha costruito la propria poetica, nel tono di voce, nelle battute (molte di repertorio come quelle sulla bassa statura, dai si dovrebbero evitare), nella saccenza. Rivederlo a teatro dopo tanto tempo è un po’ come ritrovare quell’amico veggente ma trombone, che magari su certi argomenti ha ragione e su altri quasi ti convince, però è tanto insistente e martellante che sei ben felice di pensarla molto diversamente da lui.

Il Travaglio di oggi è un uomo innamorato. Di se stesso certo, e di Giuseppe Conte, il solo politico destinato a salvarsi in questi ultimi vent’anni: onesto, giusto, retto, visionario, capace, preparato, ecologista, l’unico a reggere il destino della sinistra, quella vera non il Pd che il nostro ha in uggia più della destra. Sul perché di tale passione ci sarebbe da indagare nella psiche e non basti considerare l’ex presidente del consiglio come emanazione diretta di Beppe Grillo, ormai eclissatosi dalla disamina travagliesca.

 

 

 

GRILLO E BERSANI

Il direttore de Il Fatto Quotidiano è fermamente convinto che se nel 2013 Grillo e Bersani, ovvero M5S e Pd, si fossero messi d’accordo per governare, l’Italia sarebbe andata naturalmente a sinistra. Nella sua visione il Conte 2 aveva raccolto il fallimento di quell’esperienza con politiche autenticamente di sinistra, a cominciare dal famigerato reddito di cittadinanza. Strano sentirlo così schierato, lui che fondamentalmente ha un curriculum tendenzialmente destrorso.

Travaglio conosce bene le regole del giornalismo e dello spettacolo, dunque sa che qualsiasi frase, scritta o pronunciata, se estrapolata dal contesto può assumere significati del tutto diversi. È la tecnica del blob inventata da Ghezzi e Giusti e ora praticata dai meme: fa ridere ma non è poi così legittima e lui la pratica con insistenza andando a cercare tutto ciò che gli serve sui giornali e in tv (un lavoro mostruoso) per avvalorare le sue tesi. La vis comica non gli manca, è impossibile non sorridere alle battute migliori anche quando se la prende con persone che stimi, ed è esilarante quando prende di mira Mario Draghi, ultimamente la sua vittima preferita. Però si fida troppo di se stesso e a furia di sciorinare dati, fatti, nomi non riesce a evitare il rischio della logorrea.

La parte centrale dello spettacolo flette parecchio dopo un incipit spumeggiante, la lunga tirata sulla guerra in Ucraina francamente noiosa -Scemi di guerra si intitola il suo ultimo libro, quasi come il film in cui recitarono insieme Beppe Grillo e Coluche, altro mentore ispiratore, il trickster, il buffone contemporaneo cui è dato in sorte di dire sempre la verità- le questioni sul presunto spionaggio della Russia sulla politica italiana ormai dimenticate. Dove proprio non convince è nell’uso della seguente espressione, “il pilota automatico”. Travaglio è convinto che tutti i politici italiani, tranne ovviamente l’amato Conte, si muovano di conserva, eterodiretti dall’America e dalla diplomazia internazionale (leggi, non contiamo una cippa), compresa Giorgia Meloni che invece è da annoverarsi tra le eccezioni, e lo dimostra la sua salita al potere nonostante gli osservatori fossero convinti che gli italiani apprezzassero Draghi e i governi contronatura “dentro tutti”. Ecco, I migliori danni della nostra vita doveva durare 90 minuti, non di più, ma chi glielo dice a uno come lui di tagliare e accorciare, che il pezzo efficace non è mai troppo lungo?

 

 

 

L’IDENTIKIT DEL PUBBLICO

Mi incuriosisce, infine, l’identikit del pubblico travagliano. Dubito che le persone che hanno gremito sabato sera il Teatro Alessandrino di Alessandria siano tutti elettori del M5S o vedove di Giuseppe Conte. Travaglio “becca” un’audience prevalentemente di sinistra che però non si identifica né con il salotto buono né con i radical chic. Probabile siano elettori del Pd, del terzo polo, di qualche altro piccolo partito e non capisco il loro masochismo nel sentirsi idioti per tre ore, eppure continuare ad applaudire con convinzione. 

 

 

 

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