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Umberto Bossi, la passione segreta: spuntano le poesie in dialetto

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Michele Zaccardi
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«Verde una volta e piena di parole, Terra, che hai ascoltato squittire la talpa e bestemmiare le rose. Ho visto le sirene degli stabilimenti diventare siringhe...». Non è Adriano Celentano ad aver scritto questi versi pieni di amore e di dolore per l’ambiente, rovinato dall’uomo, ma un’insospettabile Umberto Bossi. Siamo negli anni ’70 e, prima di iniziare una fortunata carriera politica, il Senatur si dilettava a comporre poesie piene di sentimento, rigorosamente in dialetto lombardo. Tra i temi, oltre all’ambiente, ci sono la famiglia, l’amore, le donne. Ma anche, e soprattutto, il dolore. Come quello che viene raccontato in Sciura Maria, dove si narra la storia della signora Maria, consumata da un tumore al seno.

Ricordi che, pubblicati sul blog di Nicoletta Maggi con tanto di traduzione italiana a fianco, negli ultimi giorni stanno spopolando sui social. Sono versi scritti tra gli anni ’70 e l’inizio degli’80, anche se la maggior parte risale al periodo in cui Bossi si avvicinò ai movimenti autonomisti, dopo il ’79, quando diede vita all’Unione Nord Occidentale Lombarda per l’Autonomia. Nato a Cassano Magnago, in provincia di Varese, il fondatore della Lega Nord non ha mai dimenticato né rinnegato le sue origini (amava infatti definirsi un «popolano»): primo figlio dell’operaio tessile Ambrogio Bossi e della portinaia Ida Valentina Mauri, è sempre stato molto legato alla sua terra, che affiora spesso nei suoi componimenti.

Le poesie giocano sull’antitesi tra il mondo rurale, puro e naturale incorrotto, e il degrado portato dalla società moderna. In Ul Lach Mort, Bossi scrive: «Pieno di barattoli, di stracci, di macchie d’olio, di topi, il lago è morto (da qui il titolo, ndr)». Non mancano però le tematiche sociali. Nello Sciopero in dul Baset, ovvero Sciopero alla Bassetti, l’ex ministro delle Riforme e ora deputato della Lega ricorda la nonna Celeste, socialista e sindacalista, a cui i fascisti fratturarono entrambe le ginocchia: «Han preso anche la Celeste, ed è già arrivato Angiolino...». Della vena artistica di Bossi, del resto, si sapeva. Nel 1961, quando aveva vent’anni, partecipò al festival di Castrocaro e pubblicò un 45 giri con i brani “Ebbro” e “Sconforto”.

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