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Le Iene, Michele Guardì: "Perché hanno rilanciato quei mei fuorionda"

Hoara Borselli
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«La morale è ciò che la gente vuole e dice, quando gli rode perché sei felice. L’invidioso vuole disturbare questa tua felicità, nel mio caso data da quarant’anni di successi». Chi parla è Michele Guardì, siciliano, classe 1943, regista e autore televisivo dei programmi di maggiori ascolti della Rai. A lui devono il successo conduttori del calibro di Fabrizio Frizzi, Alberto Castagna, Giancarlo Magalli, Tiberio Timperi e molti altri. Ancora oggi, con “I fatti vostri“, è leader indiscusso di ascolti nel mezzogiorno di Rai Due. Oggi si trova al centro di una bufera mediatica per alcuni fuori onda, trasmessi due giorni fa dal programma “Le Iene”, dove Guardì si è lasciato andare ad espressioni molto forti nei confronti dei suoi collaboratori e collaboratrici. Ne abbiamo parlato con lui.

Dottor Guardì, parliamo di questi fuori onda trasmessi e delle espressioni pesanti. Che cosa risponde a chi la accusa di essere omofobo, misogino e sessista?
«Chi ha mandato in onda questi audio ha scorrettamente preso delle battutacce, delle quali mi sono scusato a suo tempo e di cui mi scuso ancora oggi, che risalgono a quattordici anni fa».

 

 

 

Non è che le battutacce cadano in prescrizione dopo un tot di anni. Le ha dette: come le commenta?
«Se è per questo cadono in prescrizione reati ben più gravi, comunque le ho dette e sono qui per spiegarmi. Queste frasi sono state estrapolate da fuori onda delle prime serate de “I fatti vostri”. Hanno preso queste vecchie cose per applicarlo a ciò che sta succedendo adesso, al dibattitto sulle discriminazioni di genere.
Se mi permette, ritengo essere questo un atteggiamento giornalisticamente scorretto».

Si spieghi meglio.
«Sono state prese delle battute che dette una volta possono avere un brutto senso, ma loro le hanno replicate in un minuto quaranta volte. Quando lo schiaffo è uno ha una valenza, se tu ripeti quello schiaffo per quaranta volte diventa un’impossibile aggressione fisica».

Mi dica comunque a cosa risponde a chi la definisce omofobo.
«Le leggo testuale il messaggio che mi è arrivato poco prima che io e lei ci sentissimo».
(Ascolto).
“Amico mio avrei voluto scriverti quando è andato in onda il servizio de “Le Iene”, ma ho evitato di farlo sull’onda dell’emotività. Ti dico solo che se serve sono pronto a raccontare tutto quello che hai fatto per un fro**o di merda come me. Ti voglio bene e ti ringrazio per avermi più volte chiamato a lavorare con te”.

A chi le muove l’accusa di essere sessista, dunque, cosa risponde? Ammette anche lei che rivolgersi a una donna con le espressioni che abbiamo sentito non sia la massima espressione di rispetto?
«Vero. $ però doveroso ricordare che nel mio gruppo di lavoro le donne hanno da sempre rivestito un ruolo apicale. Da almeno dieci anni, a capo c’è una donna che si chiama Giovanna Flora. Nella mia squadra la presenza di donne è almeno del cinquanta, sessanta per cento. $ notorio che io non sono sessista.
Io rispetto da sempre le donne, come rispetto gli omosessuali. Sono accuse infondate».

Si è fatto un’idea del perché dopo quattordici anni siano oggi nuovamente usciti questi audio?
«L’attacco che mi stanno rivolgendo è pretestuoso, dietro c’è qualche mandante».

Addirittura un mandante? Chi pensa le voglia così male? E a quale scopo?
«Non voglio nemmeno pensarci. Purtroppo, dopo quarant’anni di successi come ho avuto io, c’è un’invidia che scatena la voglia di fare del danno. La miseria umana si caratterizza anche di questo. Io, che sono uno che da ragazzino ha fatto politica, questa cosa dell’invidia che ti aggredisce la conosco. E davanti all’invidia non hai difesa. Mentre in altri casi uno ci può soffrire cento, io ci soffro dieci. Sono corazzato».

Tra l’altro, questo fuori onda non è la prima volta che viene trasmesso.
«Era già andato in onda perché, ripeto, risale a quattordici anni fa. Io lo seppi subito quale dipendente infedele della Rai l’aveva fatto uscire».

E cosa fece quando lo ha scoperto?
«Lo chiamai dicendogli queste testuali parole: “E se adesso io vado a denunciarti?”».

Lui cosa rispose?
«Si è messo a piangere e mi ha implorato di non farlo, perché avrei rovinato lui e la sua famiglia. Mi disse di essere un disgraziato cattivo e invidioso. Ammise di avere sbagliato, però mi pregò di non esporlo al pericolo del licenziamento, perché aveva la moglie che non lavorava e un figlio malato».

Lei cosa fece?
«Non solo non l’ho denunciato, ma l’ho lasciato lavorare nel nostro gruppo».

Ha detto che questi fuori onda sono stati tirati fuori adesso per collegarli a ciò che sta accadendo oggi. Ci spieghi meglio.
«In questo momento c’è una narrazione generale di demonizzazione dell’uomo. Serve per alimentare l’immagine del maschio cattivo che non rispetta le donne».

La sua narrazione invece quale è?
«Non scopriamo oggi che esistono dei maschi violenti. Io, con la mia trasmissione, sto cercando di affrontare l’argomento con lo scopo di fare arrivare questo messaggio: “Ragazzi attenti, perché le donne si chiamano madri, sorelle e mogli”».

Perché lei ha utilizzato la parola “tro*a” riferendosi a una donna?
«Per una stupida maniera meridionale di usare gli aggettivi che passano, scappano e non entrano nel merito. Sono soltanto un suono privo di qualunque offensivo significato».

Quel “cane“ riferito a Giancarlo Magalli?
«Magalli due giorni fa era in trasmissione da me ed è stato intervistato appena si è saputo che sarebbero usciti questi fuori onda. Vuole sapere cosa ha risposto?».

Mi dica.
«”Sono modi di scherzare fra di noi. Voi potete sentire quello che dice Guardì perché ha il microfono aperto, ma sapeste quante cose diciamo noi a lui...”. E ci ha riso sopra. Mi faccia su questo aggiungere una cosa».

Prego.
«In molti stanno scrivendo che avrei usato l’espressione “cane malato”. Questa è una pura menzogna, perché non ho mai pronunciato queste parole. Mai! Di fronte alle malattie è noto che io ho sempre avuto e ho un grandissimo rispetto».

Non è la prima volta che vengono trasmessi e resi pubblici dei fuori onda. Cosa ne pensa di questa ormai consueta pratica?
«Queste pratiche fanno parte delle misere cose dell’uomo. Come le intercettazioni. Tu entri nel privato delle persone, e quel privato senza la tua volontà diventa pubblico».

“Le Iene” hanno ripreso una persona che lavora con lei, un autore, che le farebbe anche da autista. Ci spiega anche questo?
«E' davvero una menzogna volgare. Quel ragazzo lavora per la Rai come consulente e fornisce prodotti quasi quotidianamente. Inoltre lavora anche con me con regolare contratto, come assistente e collaboratore personale. E' vero, può capitare che mi guidi la macchina visto che ho una certa età, non mi sembra una cosa così strana».

Non faccia sempre il duro, mi dica la verità: quanto le stanno facendo male queste accuse?
«Fa sempre male sentirsi raccontati diversi da ciò che si è. Se qualcuno si è sentito offeso mi scuso nuovamente, ma nelle mie intenzioni non c’è mai stata nessuna volontà di discriminare o mancare di rispetto alle persone, ancora di più se lavorano con me».

 

 

 

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