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Corrado Augias deraglia: "Vengano a pestarmi sotto casa, non ho paura"

Corrado Augias

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Tutti hanno chiesto posti e potere in Rai, socialisti, berlusconiani e grillini ma secondo Corrado Augias "gli ultimi arrivati non chiedono solo posti, il loro obiettivo è cambiare la narrazione culturale".

In una lunga intervista a La Stampa, il giornalista e scrittore racconta che "quando nel 1963 in Rai arrivarono i socialisti, interrompendo il monopolio democristiano, volevano qualche programma, qualche servizio nel tg, farsi vedere. Arrivare, come si diceva allora, nella stanza dei bottoni. Per poi scoprire che i bottoni non c'erano" e "quando arrivarono i comunisti la Rai venne parlamentarizzata, la Dc aveva l'uno, i socialisti il 2, i comunisti il 3. Anche Berlusconi, a parte qualche gesto di ferocia come l'editto bulgaro, un gesto di collera 'divina', non chiedeva tanto. I suoi pensavano alle ballerine. Questi no".

 

 

"Questi" sono per Augias quelli del governo che lui evidentemente mal sopporta. "Un gesto fanatico e stupido come il divieto del monologo di Scurati si spiega solo con lo zelo del funzionario che crede di aver capito che è arrivato il momento di poter fare una cosa del genere, perché il clima lo permette".

Anche lo sciopero in Rai è stato boicottato da un sindacato "tecnicamente giallo, cioè il sindacato del padrone, come c'era alla Fiat nei tempi delle contrapposizioni industriali più dure", che però "alla Rai non c'era mai stato. È incredibile quel che accade", prosegue, "nelle redazioni politiche si misurano le parole, una riga in più, un aggettivo più caldo". E usano "il fango", accusa Augias, per screditare, come con Antonio Scurati.

 

 

"Non ho paura che mi aspettino sotto casa per darmi un sacco di legnate... Le botte dei fascisti le ho già prese", racconta il giornalista. "Avevano garrotato in Spagna il comunista Grimau. Ci fu una grande manifestazione antifascista a Roma. Quando si sciolse il corteo, nel bar all'angolo tra piazza Barberini e via del Tritone, mi acchiapparono in quattro». Le diede anche lei? «Erano quattro! Ma due cazzottoni, roba da niente». Non teme le botte, ma teme? «Il modello Orban. Un restringimento dello spazio democratico progressivo, indolore, come la storia della rana bollita». Quali sono i segni? «Limiti alla magistratura, limiti ai poteri del presidente della Repubblica, una riforma che porta alla capocrazia. È lì che si arriva, nell'inavvertenza delle masse che hanno altri problemi, altre preoccupazioni. O se ne fregano». 

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