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Massimo Giannini svegliato alle 4 di notte dai poliziotti? Lui non ha dubbi: complotto della Meloni

Brubella Bolloli
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Fermi tutti: il “martirometro” della sinistra deve essere aggiornato con l’ultima presunta vittima del governo degli “squadristi”. Stiamo parlando di Massimo Giannini, autorevolissima firma di Repubblica nonché guru dei progressisti illuminati che seguono le sue gesta in tv, sul podcast, sui social e perfino sulla chat da lui fondata per dare la linea ai compagni sul 25 Aprile: “Bella chat”.

L’altra sera l’ex direttore era ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo e commentando il fermo di tre giornalisti che stavano documentando un blitz di Ultima Generazione a Roma, ha raccontato una disavventura che gli è accaduta un paio di mesi fa. «Reduce dal programma di Fazio, dove avevo criticato la maggioranza, sono andato a dormire e quattro agenti di polizia mi hanno svegliato alle 4 di notte in hotel per notificarmi una querela per diffamazione. Siamo all’intimidazione della stampa».

 

 

 

Italo Bocchino ha sgranato gli occhi, Gruber ha chiesto: «Perché alle 4 di notte?», e Giannini ha spiegato che la risposta degli agenti è stata: «Si fa, è la prassi». Poco prima, nel dibattito, aveva citato il manganello usato dalla maggioranza contro chi dissente e Bocchino gli aveva replicato ironico: «Ma tu sogni il manganello anche di notte...».

Tuttavia, l’aneddoto della sveglia notturna va oltre. E qui da una parte tocca difendere Massimo perché ricevere le querele per diffamazione non è mai piacevole, specie se sono temerarie; inoltre sentirsi bussare alla porta da uomini in divisa in piena notte, quando basterebbe aspettare la mattina dopo per recapitare un atto, fa rischiare il coccolone anche a chi non è debole di cuore.

 

 

 

Dall’altra parte, però, Giannini è così compreso nel suo ruolo di giornalista “partigiano” e così sicuro che ci sia un disegno del governo a danno di chi, come lui, critica Meloni e i suoi ministri, da ritenere che l’eccessivo zelo di quattro poliziotti sia dettato dall’esecuzione di un ordine impartito dall’alto (Palazzo Chigi?, il Viminale?) per colpirlo.

Mentre così non è. A Bocchino che ha solidarizzato con il querelato e definito «una follia» quanto accaduto chiedendo al collega se pensava che «questi errori abbiano una regia politica», la firma di Rep ha risposto convinto: «Non c’è alcun dubbio! Qualcuno ha dato l’ordine a quegli agenti di notificarmi la querela alle 4 di mattina, così come qualcuno ha dato l’ordine di identificare alla Scala il loggionista che aveva gridato “Viva l’Italia antifascista”».

 

 

 

Siamo al complotto, anzi al gomblotto. Giannini si sente trattato alla stregua di un narcotrafficante da stanare con il favore delle tenebre, mentre lui in pigiama, dopo l’ospitata a Che tempo che fa, era immerso in un sonno profondo e magari stava sognando una nuova chat da creare in vista del 2 Giugno. Stando alla sua versione gli agenti avrebbero organizzato il blitz nel suo albergo neanche fosse un sodale di Totò Riina, mentre quel cattivone del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, si godeva la scena da qualche monitor collegato con la camera d’albergo del cronista da castigare. A lui è giunta, in questo senso, anche la solidarietà su X di Paolo Berizzi, autore de Il ritorno della Bestia nonché firma di Repubblica, che vede lo zampino di fascisti ovunque.

Insomma, ieri i social si sono scatenati su Giannini a La7. Ancora una volta Massimo è dentro la notizia: dà materia buona per i commenti e pure perla politica, infatti, Azione ha già annunciato un’interrogazione parlamentare, Fratoianni ha tuonato al «clima inquietante del Paese» e si attende il comunicato del Cdr. Ma la verità è che dal Viminale non è arrivato alcun ordine ad personam e che davvero, in questi casi, è la prassi come hanno detto gli agenti. Giannini si è registrato con un documento di identità in hotel e il suo nome ha fatto scattare l’alert che ha raggiunto la Questura. Si poteva aspettare qualche ora per la notifica? Senza dubbio.
Ma nessun complotto. Anzi, il Viminale farà tutti gli accertamenti del caso.

Guarda qui il video di Otto e mezzo

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