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Eugenio Scalfari, il nipote svela un lato impensabile: "Come reagiva all'imitazione di Maurizio Crozza"

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Il lato più privato di Eugenio Scalfari, un protagonista della storia italiana, tra giornalismo e politica, visto con gli occhi del suo nipotino di 10 anni o giù di lì. 

Tommaso Labate sul Corriere della Sera intervista Simone Viola, figlio e nipote d'arte. Suo nonno, appunto, era il mitico fondatore di Repubblica, morto nell'estate del 2022, quasi centenario, che attraversato in prima linea l'Italia, narrandola, commentandola e a volte condizionandola, dal tramonto del fascismo alla Seconda Repubblica, solo sfiorando l'avvento di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Il padre di Simone è Ettore Viola, ex grafico di Repubblica e figlio di Sandro Viola, uno dei fondatori del giornale-partito della sinistra. Sua madre invece è Donata, figlia di Barpapà Eugenio e giornalista del Tg5. Da bambino, è cresciuto immerso nel giornalismo anche se ora sogna di fare il procuratore calcistico. Gli aneddoti sul suo celebre nonno, come immaginabile. sono perà ancora vivissimi e impagabili. 

 

 

 

L'ultimo risale al 2021, l'ultimo Natale insieme "nella sua casa nel centro di Roma. Alti discorsi di politica insieme a momenti di serenità, addirittura di cazzeggio. Lui al pianoforte: da casa non usciva ormai da parecchio tempo, dall’inizio della pandemia; ma il pianoforte l’ha suonato fino all’ultimo".

 

 

 

Nel suo libro 100 volte Scalfari, Simone Viola ha già raccontato molte pagine intime del Direttore, che per lui era semplicemente il nonno. Ora serioso, ora divertente, sempre avvolto dalla Storia con la "s" maiuscola. Austero e rispettatissimo, come quando a Natale riceveva le telefonate di auguri da Papa Francesco in persona, con cui aveva instaurato un carteggio pubblico e privato. E il nipotino a prendere la linea in prima persona.

 

 

 

A Scalfari il calcio non interessava ("Timido tifoso della Roma, era convinto che Silvio Piola avesse giocato con i giallorossi; una volta gli ho spiegato che in realtà era una bandiera della Lazio", per dire), così come la tecnologia ("Quando gli facevi vedere un video sui social, e poi un secondo e magari un terzo, dopo un po’ si capiva che non gli interessava. E tornava al suo mondo, fatto di carta"). 

I critici lo definivano pieno di sé, e anche un po' permaloso. E forse avevano ragione. "Gli piaceva tantissimo scherzare ma quando diventava lui la vittima non sempre la prendeva benissimo". L'esempio? "L’imitazione che ne faceva Maurizio Crozza, che a noi in famiglia faceva sbellicare dalle risate. Gli facevamo vedere questi video sul telefono. Lui osservava, accennava giusto un mezzo sorriso, non commentava. Sicuramente gli piaceva la resa del numero comico ma se dovessi dire se era contento o meno, ecco, propenderei più per la seconda. Tra l’altro, quell’imitazione di Crozza rischiò di farci fare una figuraccia con Papa Francesco".

"Nel 2015 nonno è stato invitato in Vaticano dal Papa con tutta la famiglia - ricorda ancora il nipote -. Arriviamo a Santa Marta e in questa specie di spazio piccolissimo, una quindicina di metri quadri, nell’attesa che arrivi Francesco ci sediamo su delle sedie già disposte a cerchio. Crozza in quel periodo imitava i dialoghi tra nonno e Bergoglio che girava con un frigorifero sulle spalle. Appena entra il Papa nella stanza, io e mia zia Enrica ci guardiamo, si capisce che entrambi stiamo pensando allo sketch di Crozza. Temendo di non riuscire a trattenerci, non ci siamo più guardati negli occhi durante tutta la durata dell’incontro per non rischiare di ridere in faccia al Santo Padre".

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