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Saviano & co, il solito circolino di autori "rossi" chiagne e fotte: va a Francoforte e attacca il governo

Roberto Saviano

Francesco Specchia
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In Anni ruggenti, uno straordinario film di Luigi Zampa del 1962 ispirato all’Ispettore generale di Gogol, venne reso noto il principio delle “vacche di Mussolini”.

Consisteva nel fare girare sempre lo stesso numero di bovini nelle varie fattorie del regime al crepuscolo, per dare l’illusione, ai visitatori esterni, dell’opulenza delle grandi masse. In realtà, le vacche del Duce erano sempre le stesse. Ma muggivano, zoccolavano e facevano casino a tal punto nel loro recinto, da sembrare una forza storica. Ecco.

C’è una folla sparuta di 40 scrittori italiani fra i 100 facenti parte della delegazione che rappresenterà l’Italia alla Fiera del Libro di Francoforte 2024 e che ha indirizzato un’accorata lettera al direttore della Buchmesse Juergen Boos e al presidente dell’Associazione Italiana Editori Innocenzo Cipolletta; bè, questo drappello d’indomiti intellettuali mi ricorda l’astuta transumanza delle vacche di Mussolini. I suddetti 40 scrittori nella infiammata missiva manifestano «preoccupazione» per «una mancanza grave di strategia culturale ed editoriale da parte della commissione straordinaria incaricata in Italia» e chiedono «un momento di incontro pubblico» con autori tedeschi alla Buchmesse, appunto.

«Ognuno di noi avrebbe desiderato, durante la permanenza a Francoforte, di interagire con i protagonisti e le protagoniste dell’editoria tedesca e non solo, in un momento storico in cui abbiamo più bisogno che mai di sentirci appartenenti a una cultura unica», recita il manifesto. E aggiunge: «Invece, l’Italia sarà presente alla Buchmesse in modo insulare tramite un programma di duetti fra autori italiani, un'anomalia che sappiamo avere pochi precedenti nella storia dei paesi ospiti e che denota una mancanza grave di strategia culturale ed editoriale da parte della commissione straordinaria incaricata in Italia».

 

 

Tra l’altro, con un pregevole senso della notizia, Repubblica, il giorno prima, aveva anticipato i gravi attentati alla democrazia e al cuore stesso della cultura da parte delle (attuali, evidentemente “fasciste”, siamo sempre lì...) istituzioni culturali stesse.

E, ovviamente, tutto parte dal complesso di persecuzione, il naturale nutrimento di Roberto Saviano, il quale si mette a capo della suddetta rumorosa minoranza. E quindi «l’incidente Saviano alla Buchmesse», così lo definiva la bozza della lettera, «non è un evento isolato in Italia», perché «s’inscrive in una sequenza di prevaricazioni, di forme e gravità diverse, alle quali assistiamo negli ultimi due anni e delle quali spesso siamo l’oggetto, eventi singoli che mostrano una volontà esplicita di ingerenza sempre più soffocante della politica negli spazi della cultura».

E «tale ingerenza si esplica non solo nell’occupazione sistematica di ogni ruolo decisionale nella cultura secondo criteri di fedeltà politica, ma anche in forme più o meno esplicite di censura, in attacchi personali volti al discredito e in un uso spregiudicato delle querele ai danni di scrittori, giornalisti e intellettuali da parte di chi occupa posizioni di potere». Le preoccupazioni espresse a Boos e Cipolletta sono chiare: «Tutto questo, pensiamo, è inaccettabile all’interno dell’Europa in cui crediamo. E con un’espressione sana della democrazia».

 

 

Cipolletta naturalmente si apre a un abbraccio ecumenico. Ma lo J’accuse strepitoso, che s’attizza sul concetto di «insularità culturale» s’infiamma nella solita, strombazzata, torsione della democrazia. J’accuse strepitoso, ma non inatteso. Non foss’altro perché tra i firmatari della lettera spiccano Viola Ardone, Silvia Avallone, Teresa Ciabatti, Mauro Covacich, Maurizio De Giovanni, Mario Desiati, Donatella Di Pietrantonio, Claudia Durastanti, Antonio Franchini, Paolo Giordano, Igort, Nicola Lagioia, Paolo Rumiz, Chiara Valerio, Carlo Vecce, Alessandro Veronesi. Ecc.

Cioè il solito ineffabile ecosistema della Terrazza di Scola, molti candidati o vincitori Strega: molti collaboratori – guarda caso- di Repubblica, molti da sempre schifiltosi d’una destra al potere. Destra al potere che, beninteso, qualche minchiatella continua a farla.
Epperò, in questo caso, s’avverte un clima livoroso da Salon des Refusés, senza che peraltro vi sia l’ombra di un refusé. Perfino questo insistere sul martirio di Saviano (una volta attribuita la sua latitanza al suo editore) si trasforma in arcigno muro-contro-muro ideologico.

Il ministro della Cultura Genny Sangiuliano – additato nel migliore dei casi come cattivo organizzatore, nel peggiore come hitleriano sottotraccia - rimane giustamente costernato: «Se guardate all’elenco degli scrittori che sono stati invitati alla Buchmesse, che poi passa attraverso l’associazione degli editori, ci sono tantissimi scrittori che la pensano molto diversamente da me ed è bene che ci siano. Mi pare che il problema sia che abbiamo aggiunto qualcuno a questa lista. Quindi sono loro che discriminano, non noi».
Nulla di nuovo sotto il sole germanico, insommma. Soltanto l’eco della transumanza. Soltanto un risentito mugghiare con l’Internazionale socialista del raffinatissimo Pierre De Geyter in sottofondo... 

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