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Geppi Cucciari, lo Strega è un trionfo di maleducazione e battute contro il centrodestra

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Lo Strega non strega più. Intendiamoci, è l’unico premio letterario in Italia che fa vendere copie a chi lo vince e a chi entra in finale, eppure a mettersi alla ricerca di libri che in questi ultimi tempi hanno davvero lasciato nel dibattito culturale il segno si fa alquanto fatica. Non è questione di qualità, del mi piace o non mi piace, ma di testi su cui vi è stata una vera discussione, che hanno segnato il tempo, diviso l’opinione pubblica. Senz’altro M di Antonio Scurati (2019), Canale Mussolini di Antonio Pennacchi (2010) e soprattutto La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano (2008). Alcuni, come Il colibrì di Sandro Veronesi (2020), Le otto montagne di Paolo Cognetti (2017), La scuola cattolica di Edoardo Albinati (2016), sono stati adattati per il cinema (in nessun caso un capolavoro), ottimi autori come Walter Siti nel 2013 - che infatti parlò di riconoscimento alla carriera ed Edoardo Nesi nel 2011 non hanno certo vinto con i loro lavori migliori.

USATO SICURO
Da troppo tempo mancano volumi all’altezza e il primo segnale è la prevalenza dell’editor sullo scrittore. Libri studiati a tavolino, insomma: lo zoccolo duro dei lettori è femminile, allora bisogna insistere su storie di donne, rivendicazioni, drammi familiari, violenze. Il lettore forte è di sinistra? E allora mettiamoci dentro l’antifascismo, la resistenza, la militanza rossa (...)

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