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Michela Murgia, se gli "eredi" ora litigano tra loro

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Ginevra Leganza
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Ci sono momenti che cambiano la storia dei popoli. Eventi che segnano un’epoca. Ed ecco. La morte della scrittrice Michela Murgia, in Italia, è stata all’incirca come la morte del filosofo Hegel in Germania. Ché se nel 1831 si spaccarono, i seguaci berlinesi, in destra e sinistra hegeliana, così si spaccano oggi, i seguaci di Murgy, in destra e sinistra murgiana.

E sono i seguaci (maschi, femmine, queer) che rivendicano adesso sede vacante e influenza della scrittrice scomparsa nell’estate del ’23. Sono i seguaci, essi stessi scrittrici e scrittori, che si scannano e si scotennano per il piccolo mondo queer. Per il magico mondo-Murgy fatto di “figli dell’anima”, pacchi di voti allo Strega («non ne ho 1 ma 17», diceva Michela), e rampanti scrittori, polemisti, giornalisti, organizzatori di eventi, «e chi più ne ha più ne metta» (cit. Nadia Fusini). Ed è questa, quindi, la storia di un’investitura. Ché se in principio la designata al soglio pareva proprio la “scrittrice, polemista... e chi più ne ha più ne metta” Chiara Valerio, a un anno dalla morte la fumata, in realtà, è ancora nera. Ma ricapitoliamo.

Valerio, di cui tutti oggi scrivono, è colei che lesse, a Santa Maria in Montesano, l’emozionante elogio funebre di Michela Murgia e che tuttavia uscì dai giochi l’estate scorsa. E cioè quando, dopo un annodi monologhi in piazza con Schlein e camei al cinema con Moretti – gli endorsement c’erano tutti: il momento era propizio – al Premio Strega arrivò terza. Solo terza, in barba ai 17 voti di Murgy. E già tutti – ops, tutte e tutti – iniziarono a sentire un odorino di sangue (a dispetto del completo bianco firmato Dior). Sicché iniziarono, tutti e tutte, a covare disappunto. A dire: ma questa chi è? Chi la conosce?

E fintanto che Valerio si rimetteva in sesto, fintanto che faticosamente rialzava la manovella di Più libri più liberi – la fiera romana della piccola e media editoria – c’era chi, tipo Carlotta Vagnoli, faceva capolino a Otto e Mezzo da Lilli Gruber. Da Lilli che non è Elly, Lilli che non è Nanni, ma che in vista dell’investitura vale molto di più... Carlotta Vagnoli, quindi. Già autrice Marsilio (casa editrice la cui sezione “narrativa” è sotto l’egida di Valerio), iniziava da sinistra a speronare l’erede in pectore (e qui s’incrocerebbero amori, dissapori...vedove e vedovi queer le cui trame rimandiamo alla stesura d’una soap Disney+).

Vagnoli cominciava a speronare, si diceva, al punto da disarcionare la settimana scorsa. Giacché costei, come poi Zerocalcare e Carlo Lucarelli, ha colto adesso la palla al balzo per censurare la scelta dell’ex amica. La quale prima dedica Più libri più liberi a Giulia Cecchettin, dice Vagnoli, e poi invita il filosofo Leonardo Caffo denunciato dall’ex fidanzata per aggressioni fisiche e verbali.

Ed ecco. Un’occasione perfetta per il calcio dell’asino a chi già allo Strega diede segni d’agonia... Calcio cui è seguito il calcetto, poi, di chi come lo scrittore Paolo Di Paolo e la scrittrice Chiara Tagliaferri – scrittrice nonché moglie di Nicola Lagioia (com’era: chi più ne ha più ne metta?) – ha detto all’incirca così: «Sbagliato il linciaggio di Valerio ma insomma... anche lei ha commesso un errore di opportunità». Formuletta che, fateci caso, è più o meno la stessa con con cui s’invocano la dimissione del capo (“La magistratura faccia il suo corso, epperò, però...”)... Ed ecco, a proposito di magistratura. A proposito di politica. Ecco come tutta la zuffa intorno al soglio vacante di Murgia ricordi, infine, le lotte di successione dei rotocalchi. Le “Succession” del paese nostro che cominciano quando il guru muore ma nel cuore non muore mai. Un po’ come in Forza Italia, per esempio, dove “Berlusconi Presidente” (tuttora nel simbolo) non lascia spazio che a un’eterna fumata nera... Perché si sa. Ci sono momenti, ed eventi, che cambiano la storia. E quello di Murgia, come la morte di Berlusconi, anzi no, come la morte di Hegel, è uno di questi.

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