«In Italia il fascismo non se n’è mai andato davvero». ‘Sta volta, sulla buccia di banana, c’è scivolato lui: l’artista Maurzio Cattelan il cui frutto attaccato a una parete con del nastro adesivo era stato venduto, a novembre dell’anno scorso, per la cifra stratosferica di oltre sei milioni di dollari durante un’asta a New York e, adesso, è tornato qui, per la precisione a Bergamo, dove sta istallando alcune nuove sculture e ha portato “Seasons”, un’esposizione destinata a far discutere.
Premessa: ognuno può dire quello che vuole nella vita di tutti i giorni e figuriamoci nel mondo dell’arte, tanto più che in una recente intervista è lo stesso Cattelan ad ammettere che quella che sta per aprire i battenti «non è una mostra che nasce da un’urgenza ideologica, bensì da un confronto con il tempo e con ciò che lascia dietro di sè». Politica poca, insomma. Eppure: «Il fascismo ha solo cambiato abiti e linguaggi. Come certe influenze stagionali: ci conviviamo, fingendole di non conoscerle. La memoria corta è un ottimo fertilizzante per il suo ritorno. Questo non riguarda solo l’Italia. Ovunque, davanti alla paura del nuovo, si cerca rifugio in un passato che promette ordine e protezione, anche se in cambio chiede silenzio e obbedienza».