La penultima edizione, dovendosene prevedere altre, dell’antica fiaba della “bella e della bestia” è stata vissuta o vista nella scena in mondovisione del presidente americano Donald Trump che ha accolto la premier italiana Giorgia Meloni alla cerimonia, in Egitto, della firma del piano di pace a Gaza dandole della “bella”. Anzi, della bellissima nella traduzione del salotto televisivo della ironica, diciamo così, Lilli Gruber in Italia. Tanta galanteria fisica, oltre che politica, non è stata gradita a sinistra. Questo diavolo di Trump si permette insomma non solo di svuotare le piazze non dico di persone, perché ce ne saranno sempre di disposte a riempirle, ma di argomenti sul tema della pace, ma anche di continuare ad apprezzare una Meloni ora proiettata dai suoi stessi, ossessionati avversari in uno scenario quirinalizio. Che potrebbe anch’esso diventare femminile, come è diventato concretamente Palazzo Chigi tre anni fa con la vittoria elettorale del centrodestra a trazione meloniana, dopo la lunga edizione berlusconiana e quella breve del leghista Matteo Salvini, emersa dalle elezioni politiche del 2018.
Che portarono il leader leghista a Palazzo Chigi come vice presidente del Consiglio di Giuseppe col permesso di un Silvio Berlusconi in persona pur rimasto all’opposizione di una curiosa, anomala combinazione, durata non a caso poco più di un anno. Questo diavolo di Trump, dicevo, è riuscito ad associare alla pace a Gaza, o al suo “spiraglio” come altri preferiscono dire con prudenza, quanto meno, se non con diffidenza, una Meloni guadagnatasi nelle piazze filopalestinesi, ma anche in Parlamento e naturalmente nelle trasmissioni televisive, l’accusa di essere addirittura «complice del genocidio» attribuito a Israele perla sua ostinazione a vivere. E a sopravvivere anche ad una mattanza così oscena, e pur scambiata a sinistra per resistenza, come quella del 7 ottobre di due anni fa compiuta in territorio israeliano dai terroristi di Hamas con 1.200 morti e 250 sequestrati per farne ostaggio, con la stessa popolazione di Gaza, nella guerra che ne sarebbe seguita. Una sequenza di date e di numeri che neppure l’onusiana- da Onu- Francesca Albanese riuscirà mai a cancellare, o ad attribuirla al caso, o addirittura agli stessi israeliani per essersela cercata.
Hamas, il retroscena sulla pace: i 45 minuti faccia a faccia con Witkoff
Un faccia a faccia durato 45 minuti ha dato una svolta vera e concreta al processo di pace che è stato prima mess...Meno male che in un frangente internazionale delicatissimo come questo, in cui si deve costruire giorno dopo giorno la pace in Medio Oriente, e un’altra guerra continua, in Ucraina, nella sostanziale indifferenza delle piazze pur ancora solerti per Gaza, l’Italia gode di una stabilità politica, e di una conseguente chiarezza e affidabilità, che curiosamente viene apprezzata più all’estero che a Roma. L’Italia con quel suo stivale strategico immerso nel Mediterraneo e nel fronte meridionale dell’Occidente. Meno male, ripeto. Viene la pelle d’oca solo a immaginare a livello nazionale lo scenario politico della Toscana appena emerso dalle elezioni regionali. Dove il cosiddetto campo largo vince, ma in un mezzo deserto prodotto dalla fuga degli elettori dalle urne e con un socio di maggioranza così poco convinto, o così tanto sofferente per sua stessa dichiarazione, precipitato al suo minimo storico e astenutosi dalla festa a Firenze.
Alludo naturalmente al pentastellato ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Che dovrà prevedibilmente farsi perdonare la sua adesione al progetto di conferma del governatore del Pd Eugenio Giani, osteggiato nella precedente legislatura regionale, rendendogli la vita difficile, a dir poco. Per fortuna nelle regioni non si fa anche, o non ancora, politica estera, come la sinistra nelle Marche e in Calabria si era cervelloticamente proposta offrendosi al riconoscimento senza condizioni dello Stato della Palestina. Una imprudenza, velleità e quant’altro che ha consentito la conferma del governatore uscente di centrodestra in Calabria, per esempio, con 16 punti di distacco di Occhiuto su Tricarico, tre in più di quelli, in Toscana, di Giani su Tomasi.