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Se anche Tronchetti boccia la corsa all'elettrico

Per il manager di Pirelli la Ue e l’Italia hanno messo in crisi un settore bruciando "competenze motoristiche uniche". La finanza? "Si dovrebbe parlare più di industria"
di Sandro Iacomettisabato 15 novembre 2025
Se anche Tronchetti boccia la corsa all'elettrico

3' di lettura

Automotive, industria, dazi. Marco Tronchetti Provera è a Praga per presentare il mitico e inossidabile Calendario Pirelli, versione 2026, ma quando iniziano a fioccare le domande dei giornalisti, moda, arte e fotografia passano rapidamente in secondo piano. E quando l’imprenditore di razza torna ad occupare la scena, la musica cambia, i toni si fanno più aspri. Le parole più dure arrivano sull’auto, il suo settore. «Il mondo dell'automotive, a livello di Unione europea», ha detto il vicepresidente esecutivo di Pirelli, «ha tentato un suicidio quasi perfetto, perché riuscire a passare all'elettrico come un mantra in una regione del mondo e in una Paese come il nostro dove la competenza motoristica è unica, ha portato a non avere capacità competitiva nell'elettrico». Ci sono varie tecnologie e combustibili alternativi all'elettrico, ha proseguito, «e avremmo dovuto puntare su quelli. Invece ci siamo sparati contro il muro dell'elettrico. Il mondo dell'auto deve ripensarsi, c'è ancora grande qualità in Europa e in Italia ma si è abbandonato il progetto di essere leader nell'automotive. Si è pensato che la partita fosse persa ma credo non sia così. Ci sono tutte le possibilità, ci sono competenza e qualità per fare delle auto ibride e puntare sui combustibili alternativi. Siamo in grado di farlo».
Secondo il manager, «ci sono competenza e qualità per fare delle belle auto a un costo competitivo, con dei bei motori a combustione interna o ibridi, con dei combustibili alternativi. Perché dobbiamo essere tutti schiavi dell'elettrico, dove sta scritto? Poi i nostri pneumatici vanno bene con tutto, sull'elettrico siamo i migliori al mondo... ma abbiamo bisogno di un mondo attorno a noi che guardi un po’ di più al futuro».

E, forse, anche un po’ al passato. Quando nelle banche c’erano gli imprenditori e quando il credito serviva a mandare avanti il Paese. «La finanza deve essere al servizio dell'industria e non il contrario», ha spiegato Tronchetti Provera, che riferendosi a Pirelli ha parlato di «un grandissimo senso di appartenenza, benessere sul lavoro, relazioni umane, crescita culturale con le biblioteche negli stabilimenti e welfare», definendolo un esempio di eccellenza italiano e anche nei Paesi in cui è presente. «Un modello antico certo», ha aggiunto, «che noi manteniamo con convinzione. Si parla troppo di finanza e poco di industria e prodotto, noi siamo leader nel mondo anche per questa nostra impostazione. Da sempre noi siamo aperti e connessi alla realtà, crediamo nella totale integrazione tra il mondo delle imprese e il mondo della cultura ed è questo che fortifica un Paese.

Il nostro impegno nella cultura, nella moda e nell'arte è testimonianza di questa filosofia che aiuta noi per primi a tenere la mente aperta. Sarà anche un concetto antico ma per noi è moderno, senza nulla togliere a quello che è il cuore del nostro lavoro in termini di tecnologia, scienza, sicurezza, controllo che sono le nostre priorità». E ancora: «Fa molto più notizia se uno guadagna un miliardo e l’altro 10. Chi fa finanza fa i soldi prima e si parla di loro, di chi fa industria si parla meno. Si continua a parlare di finanza e noi siamo numero uno al mondo nelle tecnologie per pneumatici più avanzati. Dovrebbe essere orgoglio per un paese, noi siamo un ponte per la prossima generazione».

Quanto ai dazi, per il vicepresidente esecutivo di Pirelli «sono gestibili entro certi limiti, ci sono situazioni che hanno ragion d’essere, altre che sono un puro danno. Il tema non sono i dazi ma la loro volatilità. Bisogna lavorare per stabilizzarli. In Ue non ci piacciono ma dobbiamo convincerci, trovare un percorso con il nostro partner e lavorare con quello che abbiamo». Parole profetiche, quelle di Tronchetti, pronunciate qualche ora prima che l’Istat certificasse un rimbalzo incredibile a settembre (+35%) del nostro exporto verso gli Stati Uniti, che ha trainato tutti i flussi di vendite verso l’estero (+10%). Sui progetti futuri di Pirelli, comunque, non c’è la moda. A chi gli chiede se il gruppo possa essere interessato a partecipare a un piano di riassetto di Armani con altri gruppi industriali per preservare l’italianità della maison, dopo la scomparsa di Giorgio Armani, Tronchetti ha risposto secco: «Siamo totalmente focalizzati sul nostro business. Entrare in altri mondi per noi oggi sarebbe un errore».