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Leone XIV, l'appello per la pace giusta e la difesa dell'indentità

Il Papa invita a puntare sulla diplomazia e sul realismo per fermare la guerra. E non manca di inviare un messaggio al continente europeo nel rispetto delle radici cristiane
di Antonio Soccisabato 27 dicembre 2025
Leone XIV, l'appello per la pace giusta e la difesa dell'indentità

4' di lettura

Gli interventi natalizi di Leone XIV mostrano un pontificato che sta trovando la sua voce e va oltre quella del predecessore. La pace e il valore della vita umana sono stati i temi dominanti, non solo perché sono quelli del Natale, ma anche perché lo impone l’attualità. Nel Messaggio Urbi et Orbi il Papa ha detto: «Dal Bambino di Betlemme imploriamo pace e consolazione per le vittime di tutte le guerre in atto nel mondo, specialmente di quelle dimenticate; e per quanti soffrono a causa dell’ingiustizia, dell’instabilità politica, della persecuzione religiosa e del terrorismo». Le tante guerre che non vediamo (come non consideriamo le persecuzioni religiose) sono quelle che non corrispondono a certi schemi ideologici. Il mainstream impone le notizie. Per questo Gaza per mesi ha monopolizzato le attenzioni di media e politica. Il Papa invece enumera le guerre “dimenticate” e sull’Ucraina ha esortato ripetutamente a puntare sulla diplomazia e la politica anziché sullo scontro e la guerra.
Il suo è oggi un pensiero controcorrente che espone ad attacchi.

Leone XIV ne è ben consapevole È proprio questa l’ideologia che traspare dagli interventi di molti leader europei e della Ue che accusano pure Trump di “favorire” la Russia. Del resto non hanno voluto capire e hanno deriso il documento sulla strategia della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, specialmente laddove parla di Europa e Russia. Il Papa chiede di rovesciare l’ideologia oggi dominante e ricorda che proprio la via della politica e della diplomazia è stata la scelta saggia e realistica che fu fatta per evitare che la “guerra fredda” diventasse conflitto atomico, quando il “confine” attraversava la Germania e dall’altra parte c’era l’impero comunista (ben più grande e temibile della Russia odierna). Non a caso il 31 luglio, per il 50° anniversario della Conferenza di Helsinki, Leone XIV ha lanciato un appello a ritrovare quello spirito, che poi è quello dell’epoca Kissinger. Il Pontefice ha detto: «Animati dal desiderio di garantire la sicurezza nel contesto della guerra fredda, 35 Paesi inaugurarono una nuova stagione geopolitica, favorendo un riavvicinamento tra Est e Ovest». Poi ha aggiunto: «Quell’evento segnò anche un rinnovato interesse per i diritti umani, con particolare attenzione alla libertà religiosa considerata come uno dei fondamenti dell’allora nascente architettura di cooperazione da “Vancouver a Vladivostok”». Infine ha concluso: «Oggi, più che mai, è indispensabile custodire lo spirito di Helsinki perseverare nel dialogo, rafforzare la cooperazione e fare della diplomazia la via privilegiata per prevenire e risolvere i conflitti». Considerata anche la forte volontà degli Stati Uniti di Trump di fermare il conflitto in Ucraina, le parole del Papa su Helsinki indicano una prospettiva realistica che però non sembra purtroppo condivisa nella Ue. Proprio nei Paesi europei che più sono danneggiati dalla guerra (si pensi pure ai costi dell’energia), certe élite alimentano le ragioni dello scontro e delegittimano quelle della trattativa.

ISPIRARSI AL PASSATO
Non a caso il Papa nel Messaggio Urbi et orbi si è rivolto all’Europa. Ma, attenzione, non all’Unione Europea, bensì a «tutto il Continente europeo», che è ben più vasto sia geograficamente che politicamente (ne fanno parte, ad esempio, pure Gran Bretagna, Russia, Ucraina, Norvegia, Islanda e vari altri Paesi). Dunque il Pontefice ha detto: «Al Principe della Pace affidiamo tutto il Continente europeo, chiedendogli di continuare a ispirarvi uno spirito comunitario e collaborativo, fedele alle sue radici cristiane e alla sua storia, solidale e accogliente con chi si trova nel bisogno». Ed è qui che ha inserito l’appello sull’Ucraina: «Si arresti il fragore delle armi e le parti coinvolte, sostenute dall’impegno della comunità internazionale, trovino il coraggio di dialogare in modo sincero, diretto e rispettoso».
Anche il 10 dicembre scorso, parlando ai membri del gruppo “European Conservatives and Reformists” del Parlamento europeo, si richiamò ai suoi predecessori, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, «secondo cui l’identità europea può essere compresa e promossa solo in riferimento alle sue radici giudaico-cristiane». È noto che la Ue ha divelto quelle radici e ha preteso di fondarsi su una soffocante burocrazia e sulla moneta unica, con i risultati disastrosi che sappiamo.

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Il Papa, quel 10 dicembre, ha spiegato: «Il fine di proteggere l’eredità religiosa di questo continente» non riguarda solo «i diritti delle sue comunità cristiane» o la difesa delle tradizioni. «È soprattutto un riconoscimento di un fatto. Inoltre, tutti sono beneficiari del contributo che i membri delle comunità cristiane hanno dato e continuano a dare per il bene della società europea. Basti ricordare alcuni sviluppi importanti della civiltà occidentale, specialmente i tesori culturali delle sue imponenti cattedrali, l’arte e la musica sublime e i progressi nella scienza, per non parlare della crescita e della diffusione delle università. Questi sviluppi creano un legame intrinseco tra il cristianesimo e la storia europea, una storia che deve essere apprezzata e celebrata». Poi precisò che, oltre a questo, «in modo particolare, penso ai ricchi principi etici e ai modelli di pensiero che costituiscono il patrimonio intellettuale dell’Europa cristiana. Questi sono essenziali per salvaguardare i diritti donati da Dio e la dignità inerente di ogni persona umana, dal concepimento fino alla morte naturale» e «anche per rispondere alle sfide della povertà». Il Papa a Natale ha spiegato che Dio ha voluto cambiare la storia non mandando un esercito, ma un bambino. Che l’ha cambiata davvero. Mentre oggi gli eserciti hanno il potere di mettere fine alla storia umana. La voce della Chiesa è scomoda, ma preziosa.