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Il richiamo della Corte dei Conti: l'eccesso di fisco genera evasione

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Eliana Giusto
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La parolina magica, quando si cercano risorse finanziarie, è «dismissione», accompagnata magari da «privatizzazioni». Però resta solo un esercizio lessicale e nella pratica - a parte una montagna di tabelle, studi, comparazioni, analisi, ipotesi di gettito - in cassa entra ben poco. Anzi, al momento il mega piano di vendita del patrimonio pubblico (immobili ma anche quote rilevanti di società) ha nella colonna delle uscite un esborso di 1 milione di euro per quest'anno, e una cifra simile anche per il 2013 e il 2014. Per fare cosa? per costituire i Fondi d'investimento che dovrebbero sveltire la procedura di privatizzazione.  Sarà anche per questo che la Corte dei Conti sollecita Palazzo Chigi ad accelerare sul piano di vendita: «Occorre realizzare», scandisce il presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, nel rapporto sul Coordinamento della finanza pubblica, «un abbattimento significativo del debito, attraverso la dismissione di quote importanti del patrimonio mobiliare ed immobiliare in mano pubblica».   Giampaolino, presentando il Rapporto 2012 della magistratura contabile, ricorda che «nelle recenti occasioni di confronto con il Parlamento, la Corte ha più volte sottolineato l'urgenza di soluzioni operative su un fronte, come quello delle dismissioni, finora carente nell'identificare dimensioni, condizioni e responsabilità realizzative». Detto in linguaggio volgare: siamo ancora alla lista delle buone intenzioni. Ma di quattrini (in entrata) neppure l'ombra.  Eppure, stando ad un report di Palazzo Chigi (A strategy for growth and fiscal consolidation del marzo 2012), il governo conta di incassare  dalla vendita del solo patrimonio immobiliare pubblico dai 35 ai 40 miliardi.  Però la relazione della Corte individua altre problematiche croniche: evasione ed eccesso di tassazione. Fenomeni strettamente correlati che rischiano di far avvitare l'economia italiana. «Occorre incidere sui fattori che bloccano la crescita per recuperare», ha spiegato nel dettaglio Luigi Mazzillo, presidente di coordinamento delle sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei Conti presentando il Rapporto 2012, «ma solo grazie a maggiori incrementi di Pil, il gettito mancante. Il rischio di un avvitamento va attentamente monitorato, disinnescando il circolo vizioso in cui si potrebbe restare intrappolati. Il 2011 ci ha consegnato la realtà di un sistema impositivo ancora distante dal modello europeo segnato dalla coesistenza di un'elevata pressione fiscale e di un elevatissimo tasso di evasione». Fanno di conto i magistrati contabili, ma si tratta soltanto di una stima prudente: «Anche se in diminuzione l'evasione fiscale resta una piaga pesante per il sistema tributario e per l'economia del nostro Paese. Il tasso di evasione è stato stimato in misura pari al 29,3% nel caso dell'Iva e al 19,4% per l'Irap, risolvendosi in un vuoto di gettito di oltre 46 miliardi di euro all'anno». Complessivamente un tesoretto da oltre 138 miliardi e i “soli” 12 miliardi recuperati nel 2011 appaiono come un'elemosina...

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