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A Renzi la vittoria morale: il futuro è tutto dalla sua parte

La sconfitta nei numeri è una vittoria nella sostanza. Matteo Renzi è libero da condizionamenti. Lui non deve pagare pegno a Nichi Vendola. E il domani del partito è suo

Ignazio Stagno
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  Altro che sconfitta di Matteo Renzi. Mai era successo nella storia del più importante partito della sinistra europea (il Pci divenuto Pds e poi Pd) che si trovassero l'una di fronte all'altra due componenti politiche ciascuna marchiata di sé e del suo orgoglio, due contrastanti componenti che a volte si stringono la mano e si sorridono e altre volte se ne sparano in faccia di nude e crude. L'una è la componente di maggioranza, quella che alla domenica del 2 dicembre 2012 s'è radunata sotto l'ala (autorevole) del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, al quale ha accordato una nettissima maggioranza nell'ultimo tempo della sfida a chi dovesse essere candidato dalla coalizione a fare il capo del prossimo governo. L'altra è una componente pari al 40 per cento dei votanti, un bottino elettorale che sembrerebbe molto inferiore a quello di Bersani e che invece non lo è. Bersani ha vinto, ma nel lungo periodo Renzi non ha perso affatto. Mai era successo nella storia del più importante partito di sinistra europeo, né ai tempi di Palmiro Togliatti né a quelli di Enrico Berlinguer né a quelli della rivalità esclusivamente personale tra Massimo D'Alema e Walter Veltroni, che la componente di minoranza di quel partito fosse talmente numerosa, talmente impudente, talmente priva di complessi di inferiorità, animata in più da un leader che non si nega nulla in fatto di ricerca della visibilità e della provocazione. Mai era successo che una componente così rilevante di quel partito avesse così poco «profumo di sinistra», e voglio dire così poca adorazione di quanto c'è di più mummificato nel mondo culturale della sinistra, e se pensate che ancora trent'anni fa a dirti «riformista» in quel Pci (Giorgio Napolitano lo sa a memoria) rischiavi il massacro politico. E poi c'è che, a vederlo da vicino, il 40 per cento di Renzi è persino più compatto del 60 per cento di Bersani, indebolito com'è quest'ultimo dall'apporto dei voti di un Nichi Vendola che smania dalla voglia di dire e fare «cose di sinistra», commenta Giampiero Mughini su Libero di martedì 4 dicembre.    Continua a leggere il commento di Giampiero Mughini su libero di martedì 4 dicembre  

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