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Il Corriere della Sera scarica Monti: "Con Fini e Casini non va lontano"

Giulio Bucchi
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Uno a uno i tasselli vanno al loro posto. Da qualche settimana il Corriere della Sera ha iniziato a battere qualche legnata a Mario Monti, l'ex pupillo di via Solferino, rappresentante del salotto buono di banchieri, alta finanza e intellettuali che tanto piace al Corrierone. La decisione del professore di scendere in campo da solo, con il Centrino (molto romano e poco milanese), però, ha scompigliato le carte. Metteteci poi l'endorsement del premier per Gabriele Albertini per la corsa alla poltrona di governatore della Lombardia (con il Corriere che sostiene apertamente il candidato del Pd Umberto Ambrosoli, tra l'altro consigliere non ancora dimissionario nel CdA del... Corriere) e la goccia è versata. Non deve sorprendere, dunque, la bocciatura ufficiale di un mammasantissima dello storico quotidiano, l'ex direttore Paolo Mieli, oggi presidente di Rcs Libri e ancora assai influente nella linea del giornale. Da Cortina d'Ampezzo, partecipando a fine anno a Una Montagna di Libri, il tradizionalmente piazzato a sinistra Mieli non ha risparmiato critiche a Monti e ai suoi alleati politici.  "Governo Monti-Bersani, per poco"- Secondo Mieli "comunque vada, la prossima legislatura non durerà a lungo. E' possibile anzi che si chiuda prima che Matteo Renzi compia quarant'anni". Vale a dire tra 3 anni scarsi. La colpa? Di certo Silvio Berlusconi potrebbe rompere le uova nel paniere di Monti: "Se il Cavaliere superasse il 20%, allora si vedrà che i calcoli di Monti di fare un partito proprio erano sbagliati. E Monti, se fosse tornato alla Bocconi, avrebbe fatto una figura migliore". Il Pd, d'altro canto, si è autosabotato eliminando Matteo Renzi, anche se secondo l'ex direttore del Corsera il sindaco di Firenze sconfitto nelle primarie da Pierluigi Bersani, "con la sua coerenza, tesaurizza il proprio 40% delle primarie. Vincerà la partita grande, non accontentandosi della partita piccola di ora". Ora, però, c'è da capire come finirà a Palazzo Chigi: "Io direi che l'alleanza Monti-Pd è sicura al cento per cento. Correranno divisi, ma troveranno un accordo sulle varie spartizioni di potere. Il Centro vuole solo che l'Agenda Monti pesi di più in un governo di sinistra, guidato da Pierluigi Bersani. Monti è la persona che ha più carte da giocare per la presidenza della Repubblica".  Monti al Quirinale - Il professore, insomma, sarebbe una sorta di specchietto per le allodole e verrebbe ripagato del "sacrificio" vedendosi promosso al Quirinale, per il dopo Napolitano. Il suo guaio, parafrasando Berlusconi, è che si è scelto cattivi compagni di strada.  "Credo che il Centro stia facendo un grande errore di posizionamento politico - incalza Mieli -: Fini e Casini, che si sono allontanati da Berlusconi ma che hanno sempre detto di essere alternativi alla sinistra, ora si stanno alleando proprio alla sinistra. Queste azioni non li porteranno molto lontani. Le proposte politiche devono essere due: chi si mette al centro, e poi cerca l'accordo, non avrà mai grande fortuna. Solo l'Italia poteva partorire il sistema che consente di vincere sempre e comunque". No ai magistrati-politici - Mieli rivela anche qualche sua intenzione di "non voto": "Io non voterò né il Pd che presenta Piero Grasso, né coloro che sosterranno il movimento arancione che presenta Antonio Ingroia. Di fronte a queste persone io mi tolgo il cappello, ma i sottintesi di queste candidature sono sotto gli occhi di tutti: magistrati che sono compensati per loro azioni con un seggio in parlamento. Queste candidature sono un pessimo segno, ed è un pessimo segno che nessuno lo dica".

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