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Uffici di Montecitorio, la Boldrini chiede lo sconto al palazzinaro

Matteo Legnani
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L'incontro è avvenuto qualche settimana fa. Da una parte il Collegio dei questori della Camera, dall'altra Sergio Scarpellini, proprietario della Milano '90 che dall'epoca di Luciano Violante presidente della Camera affitta a Montecitorio tre palazzi in cui sono stati realizzati gli uffici dei deputati. Il rapporto è andato avanti d'amore e d'accordo per lunghi anni, nonostante qualche borbottio delle opposizioni per l'eccessivo costo dei fitti, ma dal 2012 in poi il rapporto si è incrinato. La Camera deve tagliare la sua monumentale spesa, e prima ha disdettato il più antico dei contratti, liberando il primo palazzo affittato l'anno scorso. Poi a inizio 2014 è arrivato l'ultimo decreto di Enrico Letta, che consentiva a tutte le istituzioni la risoluzione unilaterale dei contratti di fitto passivo, con semplici sei mesi di preavviso. Norma assai contestata dai padroni di casa, e che ha qualche margine di ricorso davanti alla Corte Costituzionale. Lo sa anche la Camera, che quindi sta cercando una trattativa in bonis con il proprietario di casa. Ed è per questo motivo che si è tenuto quell'incontro, che non sarà l'ultimo. I tre questori attendevano in un ufficio al secondo piano di Montecitorio l'imprenditore. Scarpellini è un romanaccio d'adozione, non è nato ieri (classe 1937), e nella vita ne ha passate di tutte. Quando fece quel colpaccio degli affitti alla Camera la sua impresa era quasi in ginocchio. Figurarsi se si spaventa per la voce grossa fatta da qualche politico. E infatti Scarpellini è entrato nella stanza dei Questori come si trattasse del ciak di un film: stava parlando con due telefonini contemporaneamente in lingue assai improbabili. Davanti allo sguardo sbacalito di Stefano Dambruoso, Gregorio Fontana e Paolo Fontanelli ha sussurrato accennando a uno dei telefonini: «Sono i cinesi...». E guardando l'altro: «I russi...». Poi ha chiuso le comunicazioni e si è seduto: «Non riesco più nemmeno a dormire. Mi telefonano a ogni ora del giorno e della notte: russi, cinesi, arabi. Tutti vogliono quei palazzi che voi volete lasciare...». Da consumato attore Scarpellini si è messo la mano sul cuore: «Ma io resisto, perché conta di più il cuore. E io il cuore ce l'ho vicino alla Camera. Ditemi, che posso fare per voi?". Lì è iniziata la nuova trattativa. Perchè la Camera dei deputati ha fatto la faccia feroce: «Basta con gli uffici per i deputati, via quei contratti di affitto che ci costano decine di milioni di euro ogni anno». La mossa sarà pure popolare fuori dal palazzo, ma ai deputati è andata piuttosto di traverso: «E ora dove possiamo metterci a lavorare? Dove possiamo fare una telefonata riservata?». E così è nato il problema. Che si univa alla paura di una reazione giudiziaria di Scarpellini che potrebbe costare assai più di quanto non si risparmi. E così la Boldrini ha iniziato a trattare. Prima ne hanno parlato in ufficio di presidenza. Qualcuno lanciato una proposta: «Quegli affitti ci costavano in media 7mila euro a deputato ogni mese. Diamo loro mille euro al mese- risparmiandone 6 mila- e diciamo che ognuno si arrangi da sé». Proposta bocciata. Perchè c'è il timore che gli italiani interpretino male, e vedano in quei mille euro non un risparmio di 6mila, ma un regalo in più da aggiungere alla paghetta dei deputati. Così si cerca un'altra soluzione: un accordo low cost con lo stesso Scarpellini per riprendersi forse uno, forse solo un pezzo di quei palazzi a un costo decisamente inferiore a quello sostenuto fino ad oggi. Ma il padrone di casa non sembra starci. A Libero spiega: «Ma come faccio? Insieme ai palazzi io offro servizi. Ci sono 500 dipendenti lì, in questi anni hanno fatto 200 figli, che facciamo? Li buttiamo tutti per strada? Nessuno parla di questo. E poi come faccio a scontare quei contratti alla Camera? Io quando ho comprato i palazzi ho acceso mutui, e dato alle banche quei contratti. Ora se la Camera li vuole ridurre o togliere, è anche un pasticcio con le banche. Dargli un palazzo solo non conviene. A questo punto mi conviene metterli tutti in vendita. Ci sono gruppi di hotel nazionali e internazionali interessati a prenderli. Quei contratti d'altra parte scadono fra il 2015 e il 2018, e le banche si aspettano dalla Camera ancora 87 milioni di euro. Non è così facile risolverla...». di Fosca Bincher

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