Patto del Nazareno, cosa sarà di Renzi e Berlusconi secondo Belpietro, Sallusti e il Foglio di Ferrara
Visto da destra, il patto del Nazareno ha più o meno lo stesso carico di mistero che gli attribuiscono a sinistra. Con meno complottismo e senza senso di vergogna, chiaramente, perché solo le (finte) anime candide o gli oltranzisti duri e puri possono pensare che in politica si vada avanti senza compromessi tra avversari. Ma soprattutto, dopo l'ultimo incontro freddino tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, lo scontro a muso duro tra i loro luogotenenti Guerini e Verdini, gli abboccamenti tra il premier il Movimento 5 Stelle, a destra (come a sinistra) non è chiaro cosa ne sarà, di quel famoso patto. E cosa ne sarà del Cavaliere. Renzi come Andreotti - Il direttore di Libero Maurizio Belpietro parla di un Renzi furbetto e mefistofelico, un Andreotti degli anni Duemila, sempre pronto ad accendere un secondo forno (o un terzo, magari su proposta dei leghisti...) con l'obiettivo finale, però, di bruciare proprio Berlusconi. Le tappe di queste manovre sono sempre più delineate: modificare la legge elettorale per blindare la vittoria in caso di voto anticipato (la "pistola carica" di cui ha parlato nei giorni scorsi Renato Brunetta) e allargare il campo della maggioranza a ex grillini e senatori del centro nel caso Alfano e il centrodestra decidano di sfilarsi. Per avere il 51% in Parlamento dopo il prossimo voto, insomma, Renzi non esiterebbe ad accoltellare alle spalle chi come Berlusconi lo ha sostenuto in tutti questi mesi sulle riforme, anche a costo di perdere consenso nel centrodestra. Dopo l'ultimo confronto, però, "il Cavaliere ha capito che la proposta di Renzi nasconde una colossale fregatura", con un Italicum modificato per mettere Forza Italia "in terzo piano" e fare del premier "un uomo solo al comando". "Il patto dell'Ebetino" - Secondo Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, siamo alla vigilia di un cambio di casacca: dal patto del Nazareno al "patto dell'Ebetino", dal nome poco cortese affibbiato da Beppe Grillo a Renzi. Ora, però, i due potrebbero andare a braccetto (come accaduto sui due nomi eletti a Consulta e Csm, Sciarra e Zaccaria) e sarebbe un po' lo specchio di una legislatura folle riassunta da una filastrocca sulle note di Angelo Branduardi: "Alla fiera dell'Italia sperando in due soldi un partito mio padre votò: e venne Grillo, che incantò Renzi, che si mangiò Letta, che si comprò Alfano, che tradì Berlusconi, che fu tradito da Napolitano, che un Parlamento abusivo votò". Matteo e Silvio amici per forza - Sul Foglio di Giuliano Ferrara, invece, disegnano uno scenario quasi opposto. Renzi sì sta tramando alle spalle del Cav, lo sta minacciando di mandare in soffitta il patto del Nazareno, ma sarebbe più un deterrente, una pistola piazzata sul tavolo delle trattative più che una reale opzione. Salvatore Merlo cita Daniela Santanché ("Al patto del Nazareno non c'è alternativa") e sottolinea come il vero incubo del premier, una volta salutata Forza Italia, sarebbe quello di doversi mettere a bussare alla porta dei grillini oppure "trasformarsi in Enrico Letta, stringersi a coorte attorno ad Angelino Alfano". Due forme, diverse, di suicidio politico. Sia Silvio sia Matteo, dunque, sanno che sono obbligati a trattare l'un con l'altro. Anche perché Berlusconi si è reso conto che "il sabotaggio di quel patto non ferma Renzi, non blocca il suo sconfinamento nel recinto elettorale dei moderati, né tanto meno una diga contro l'avanzata rumorosa di Salvini a destra". Amici per forza, dunque.