Processo escort, Palazzo Chigi è parte civile contro Berlusconi
La Presidenza del Consiglio dei ministri, durante l'udienza preliminare, ha chiesto di costituirsi parte civile nel processo all'ex premier Silvio Berlusconi e all'ex faccendiere Walter Lavitola, accusati di aver indotto Gianpaolo Tarantini, in cambio di 500mila euro, a mentire alla procura di Bari nel corso dei suoi interrogatori nell'inchiesta escort. Sgambetto - Una mossa che ha tutto il sapore dello sgambetto perché, fa notare l'avvocato Niccolò Ghedini al fattoquotidiano.it, “di solito, in questi casi, l'avvocatura dello stato chiede di costituirsi nella prima udienza dibattimentale, non durante l'udienza preliminare". Il legale del Cav spiega che non intende polemizzare, ma, dice, "quando c'è Berlusconi di mezzo, sono abituato ad aspettarmi di tutto”. La richiesta, rivela il Fatto, è stata decisa perché il reato contestato, ovvero rendere dichiarazioni reticenti e mendaci alla procura, ha danneggiato il regolare andamento dell'amministrazione della giustizia a maggior ragione perché Berlusconi, all'epoca dei fatti contestati, era presidente del Consiglio. Stamattina in udienza Berlusconi non c'era e la procura ha chiesto il rinvio in attesa di ascoltare le dichiarazioni delle ragazze che deporranno in udienza. Alla richiesta hanno aderito i legali di Berlusconi Francesco Paolo Sisto e Nicolò Ghedini che, insieme ai legali di Lavitola, hanno chiesto la sospensione dei termini di prescrizione. L'udienza preliminare è stata rinviata così al 30 gennaio 2015. La vicenda - In cambio delle bugie dette da Tarantini sul fatto che Berlusconi ignorasse che si trattava di prestazioni sessuali 'mercenarie', 'Gianpi' - secondo l'accusa - tra l'estate 2010 e l'agosto 2011, ricevette da Berlusconi, tramite Lavitola o la sua segretaria o il suo maggiordomo, circa 20mila euro al mese; gli furono poi messi a disposizione, tramite Lavitola, su un conto di una banca uruguaiana 500mila euro (solo in parte incassati da 'Gianpi'), gli furono pagate le spese legali per l'inchiesta 'escort' in corso a Bari, gli fu pagato l'affitto di un appartamento nel quartiere Parioli di Roma e gli fu procurato un lavoro fittizio per giustificare l'elevato tenore di vita dell'imprenditore. Secondo il procuratore aggiunto Pasquale Drago, sin dal principio dello scandalo 'escort', Tarantini tenne dinanzi ai magistrati baresi una condotta processuale volta a tenere il più possibile indenne Berlusconi dai danni alla sua immagine pubblica di capo del governo derivanti dalla divulgazione dei risvolti più eclatanti dell'inchiesta in corso nel capoluogo pugliese. In cambio, il Cavaliere si fece carico dal punto di vista economico della 'situazione' Tarantini utilizzando Lavitola come intermediario e interlocutore privilegiato.