Renzi si è rotto delle renzine, perché non le vuole più in tv
Finito lo spot si possono pure accomodare. Lui le ha già fatte diventare ministre, che vogliono? Le donne di Matteo Renzi adesso debbono solo obbedire tacendo. Basta dare un'occhiata agli ultimi dati sulla par condicio televisiva per capire come la sventolatissima parità di genere- fiore all'occhiello del premier- fosse solo uno spot senza alcun contenuto. E che perfino il predecessore al governo, Enrico Letta, magari non sarà stato così generoso con le poltrone, ma poi consentiva la valorizzazione di genere assai più dell'attuale segretario del Partito democratico. Da qualche anno infatti chi censisce la par condicio della politica per l'Autorità di garanzia nelle Comunicazioni aggiunge una ulteriore distinzione: quella dello spazio di genere all'interno della stessa compagine istituzionale o politica. Quando si tratta di comunicare l'attività di governo, per Renzi in tv deve apparire innanzitutto lui (che domina con quasi il 70% dello spazio di parola concesso da Rai, Mediaset, La7 e Sky ai membri del governo), e in alternativa a qualche collega maschio. Le donne del governo possono essere filmate, perché sono sempre un bel apparire. Guai però se aprono bocca. Il risultato finale è ben visibile nel dato medio registrato nel mese di novembre, che è praticamente identico a quello visto nel mese di ottobre, in quello di settembre e (ancora peggio) in quello di agosto scorso. In media la parola è stata concessa dai tg delle quattro reti Rai (Tg1, Tg2, Tg3 e Rainews 24), da quelli delle quattro reti Mediaset (Tg4, Tg5, Studio Aperto e Tgcom24), dal tg di Enrico Mentana e da Skytg24 alle ministre o alle sottosegretarie del governo Renzi solo nel 9,63% dei casi in cui i microfoni siano stati aperti a membri dell'esecutivo. Nel 90,37% dei casi a parlare e comunicare i provvedimenti dell'esecutivo o giudicare i fatti quotidiani sono stati gli uomini del governo. MASCHILISTI La politica è maschilista da tempo, ma nei fatti il governo Renzi è maschilista assai più di quello di Letta jr. Anche allora le distanze uomo-donna era abissale, ma alle donne dell'esecutivo nel novembre 2013 era stata data la possibilità di comunicare nel 19,72% dei casi riservati all'esecutivo. Una cifra che è esattamente doppia di quella ottenuta dalle ministre e dalle sottosegretarie del governo Renzi: 9,63%. Oggi le donne nell'esecutivo sono più che nel passato, ma evidentemente più che mai sono relegate al ruolo di cheerleaders: possono festeggiare i successi del loro leader, sventolare bandiere, perfino sorridere in favore di telecamere, ma non aprire bocca. Naturalmente le responsabilità di questa umiliazione della componente femminile dell'esecutivo possono essere sia di chi comanda l'esecutivo, sia dei giornalisti che aprono i microfoni (o die loro direttori). Ma un po' di esperienza insegna come qualsiasi esecutivo abbia cercato di centralizzare e coordinare la comunicazione dei suoi esponenti da palazzo Chigi, richiamando più volte al silenzio chi debordava. Chi parla in tv di solito è autorizzato a farlo dal «capo», che in questo caso è Renzi. Ed è proprio lui a comprimere spazi e visibilità degli altri membri dell'esecutivo, sacrificando soprattutto le donne (l'unica che riesce a ritagliarsi qualche minimo spazio- comunque irrilevante- è Maria Elena Boschi). LE DIFFERENZE Naturalmente c'è poi tg e tg, e qualcuno nel mucchio è più attento al gentile sesso. Sarà un caso ma nella classifica quello che apre di più il microfono davanti a ministre e sottosegretarie, è diretto da una donna: è Rainews 24, guidato da Monica Maggioni. In ogni caso non clamoroso lo spazio: 15,63% in rosa, e 84,37% agli uomini. Secondo in classifica un altro tg guidato da una donna: quello di Rai 3 di Bianca Berlinguer. Spazio alle ministre nel 12,40% dei casi, e a premier e ministri l'87,60% delle volte. Il notiziario più maschilista oggi è Studio Aperto di Mediaset: agli uomini va il 93,98% del tempo di parola (interviste e dichiarazioni), alle donne dell'esecutivo appena il 6,02%. Ma che il problema non sia quello della testata o di chi la dirige è dimostrato proprio dai dati di Studio Aperto del novembre 2013, durante l'esecutivo Letta: era il notiziario più femminista che c'era. Aveva quasi realizzato la parità di genere delle dichiarazioni dell'esecutivo, assegnando il 59,24% del tempo ai maschietti e ben il 40,76% alle donne. All'epoca in ogni tg comunque le donne contavano assai più di quelle dell'esecutivo attuale, e in nessun caso la componente femminile dell'esecutivo è diventata più influente e incisiva nella comunicazione nel passaggio fra il governo Letta e quello Renzi. Quello di genere resta dunque l'ennesimo spot dell'attuale premier che non ha poi trovato realizzazione effettiva. di Fosca Bincher